Tommaso. Il suo dubbio. Le sue paure. Il dono della fede e il suo frutto: la pace

Commento alle letture della 2^ domenica di Pasqua Anno A

Ascolta il vangelo: www.lachiesa.it/bibbia/cei1974/mp3/Gv-20.19.mp3

Nella prima lettura, l’evangelista Luca descrive la comunità cristiana degli inizi. È una comunità che profuma ancora della freschezza dell’incontro con Gesù risorto, la cui presenza è sentita come brezza sulla pelle. Il Risorto è il respiro stesso della comunità. La pace, l’armonia, l’unità e l’ascolto della testimonianza dei pastori sono i tratti che identificano Chiesa.

Questa è la chiesa che duemila anni fa sconvolse il mondo ed è per essa che noi oggi siamo qui, a celebrare ancora la Pasqua del Signore.

La pace del Signore scende sulle paure umane e le scioglie. Purtroppo, noi facciamo parte di una generazione che ha confuso la pace di Dio con la “tranquillità” e il “quieto vivere”. E per questo sfioriamo una condizione di infelicità permanente.

Finché saremo nel mondo la vita non ci concederà mai tregua. La pace in Cristo consiste nel dono di saper stare dentro le tempeste del mondo e di sentire che è Dio che ha in mano il timone della storia e delle nostre vite. È una forza spirituale che guarisce nel profondo ed è frutto dalla presenza del risorto in noi.

Questa è anche la vicenda dell’apostolo Tommaso, di cui troppe volte si è messo l’accento solo sul dubbio, senza comprendere che il suo vero problema era la paura, quella che, con la morte maestro, tutto possa essere stato soltanto un inganno e un’illusione.

La tempesta dei giudei infuria attorno a quel cenacolo ma la presenza di Gesù risorto e il dono della sua pace risolve la paura di tutti, compreso quella di Tommaso, il quale cade in adorazione e fa la professione di fede più grande di tutto il Nuovo testamento: “mio Signore è mio Dio”.

Forse a questa professione noi non siamo mai pienamente arrivati. Piuttosto siamo rimasti a una idea di Dio come a colui a cui ci si può rivolgere solo quando se ne ha bisogno, e a volte come a colui con cui prendersela quando non ci concede quello che chiediamo. Ma questo non è il Dio di Gesù Cristo.

È Pasqua quando lasciamo che il Risorto scenda nelle profondità dei nostri abissi e gli si permetta di toccare le nostre ferite, quelle che vorremmo tenere nascoste, per guarirle. È Pasqua quando lasciamo che la pace del risorto trasformi la nostra vita.

Cristo ci dà il dono della sua pace. Tocca a noi, con questo dono, il compito di ridurre al silenzio, nelle nostre viscere, la violenza del mondo e far splendere, come nella comunità degli inizi la bellezza di una testimonianza pasquale, attraente e irresistibile.

Ma quanta strada dobbiamo fare?

E.C.

Essere sensibili ai segni di Dio

C’è bisogno di una grande sensibilità interiore per vedere nella vita concreta i segni che il Signore ci manda per indicarci la strada verso la libertà. Sono segni che ci conducono nelle nostre profondità per scoprire le nostre prigioni e le vie di uscita, per metterci in ascolto di noi stessi e dello Spirito di Dio. Chi crede di possedere già la libertà si preclude tutto: il fascino della scoperta dei segni della presenza di Dio, il dialogo con il proprio Sé, il dialogo con lo spirito di Dio, il cammino della liberazione e l’esperienza della rinascita. Ma per chi si abbandona a tutto questo l’esperienza della rinascita rappresenta l’inizio di una nuova vita.

“«In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio».” (Gv 3,3)

La vita è cambiamento

La vita è cambiamento. Non c’è nulla di statico ne vi può essere. È un fatto di natura. Mentre lo stiamo pensando il nostro corpo sta cambiando. Vecchie cellule muoiono e ne nascono di nuove per dare corso a quella forza cosmica che spinge a rigenerare la vita che è in noi. La natura, dunque, è un’energia che si muove in direzione della vita. Vuole la vita. La natura è vita.

Anche nella nostra mente ci deve essere cambiamento. La vita non è mai uguale a sé stessa. Cambiano gli equilibri, si evolve il nostro rapporto con l’esistenza e con il mondo attorno a noi. La differenza è che ciò che avviene nel nostro corpo (pensa alla forza del respiro o ai battiti del cuore) è al di là del nostro controllo. Accade. E noi esistiamo.

Quello che accade nella nostra mente, invece, dipende da noi, da quello che vogliamo essere, da come vogliamo essere. Se non si evolvono i nostri pensieri, il nostro modo di pensare, se non cambia il rapporto con il modo in cui percepiamo gli eventi della vita passata e presente e quelli che devono ancora accadere, se questo cambiamento non ci apre a orizzonti positivi, luminosi, rischiamo di restare prigionieri di noi stessi, tra giudizi che restano uguali a sé stessi nella tempo e diventano la nostra tomba.

Si cambia perché non siamo la versione migliore di noi stessi e possiamo, dobbiamo voler crescere, a qualsiasi età e in qualsiasi condizione.
Si cambia per esistere.
Si esiste per godere del dono di esistere.
E quando si percepisce la vita come un dono, si comprende che ne abbiamo una sola e va vissuta per allargare agli altri la stessa gioia di esistere.

Credo che questo sia il dono e, insieme, il dramma dell’uomo del nostro tempo, di ogni tempo. Ognuno sceglie chi e cosa vuole essere. Quindi ognuno sceglie se cambiare. Oppure non sceglie. Oppure sceglie che non ha bisogno di cambiare.

Pensieri per una vita bella

Vivi il presente come un dono, con semplicità e gratitudine.

Qualunque cosa tu faccia, fai con amore; fai per amore.

Non angosciarti per nulla.

Le sofferenze del passato sono una storia finita. Non c’è nulla che tu possa fare per cambiarle. Lasciale nel passato e lascia il passato alle tue spalle. Il passato non ti appartiene più.

Non lasciarti agitare dal futuro perché non c’è nulla che tu possa fare per controllarlo e dirigerlo dove vuoi tu. Fa bene ciò che ti è chiesto oggi e avrai posato un mattone per costruire un giusto futuro.

Non caricarti di pesi che non puoi portare. Pensa solo a quello che devi fare qui e ora e fallo con serenità e dedizione.

Fermati quando senti che non ce la fai. Concediti lo spazio e il tempo necessario per riprenderti.

Non agitarti per nulla. Non c’è nulla che ti possa cambiare se gli altri non vogliono, allo stesso stesso tempo, che cambi qualcosa.

Non caricarti di problemi che non ti appartengono e che non puoi risolvere. Dà, semmai, il tuo giusto contributo, spronando gli altri a fare altrettanto.

Non darti obiettivi troppo alti. Nessuno ti chiede di fare l’eroe. Persegui obiettivi alla tua portata. È con essi che potrai fare una differenza.

Non sottovalutarti e non accontentarti di obiettivi al di sotto delle tue capacità. Non sarai capace di dare un significato alla tua vita.

Non sottovalutare il potenziale di bene che c’è in ognuno. Dagli spazio: chi vuole lo esprimerà.

Non agitarti davanti all’indifferenza e alle resistenze degli altri.

Non permette a nessuno, mai, di farti sentire sbagliato.

Non abbandonare nella solitudine chi ti chiede di stargli accanto e non fare promesse che non puoi mantenere.

Non essere indifferente al dolore dell’altro.

Non compiacerti mai del dolore di chi ti ha fatto del male.

Ricordati che nessuno può farti del  male se non sei tu a permetterglielo.

Tieni lontana ogni persona tossica e conflittuale e non lasciarti imprigionare in conflitti e disordini che non ti appartengono.

Allontana dalla tua vita e dalla tua mente ogni persona e cosa che mirano solo a distruggere la tua serenità e la tua persona e non sentirti in colpa.

Individua i perimetri di ogni zona di conflitto e stanne lontano. Non ingaggiare in conflitto con nessuno e non lasciarti trascinare dentro le zone di guerra degli altri.

Libera la tua mente da pensieri negativi e ricorrenti che ti portano angoscia. Per farlo dedicati a qualcosa di bello e che ti fa star bene.

Non fare mai del male a nessuno. Se lo hai fatto, chiedi perdono.

Siamo tutti fragili nella nostra umanità. Se sbagli ammettilo, senza rimorsi, e chiedine scusa.

Se vuoi fare pace con qualcuno considera se sia opportuno che tu faccia il primo passo. Ciò che importa non è che l’altro accetti la tua pace ma che tu l’abbia chiesto.

La tua vita è un dono. Vivila con entusiasmo e con senso di responsabilità.

Sii generoso secondo le tue capacità, metti sempre una parola di pace e opera sempre per la giustizia.

Tutto ciò che non riesci a gestire e che rischia di frantumare la tua vita mettilo in Dio. Consegna tutto a lui e abbandona te stesso in lui. Lasciati portare da lui.

Sii sempre un’anima bella. Lascia sempre, ovunque tu vada, il buon profumo della tua anima e fa che tu sia il motivo per accendere il sorriso nella giornata di coloro che incontri.

Alla fine di ogni giorno fermati un attimo. Scrivi su un quaderno almeno una cosa bella che ti è capitata nella giornata e rendi grazie a Dio. Fallo ogni sera. Vedrai che anche nelle tempeste, non ci saranno mai pagine vuote.

*****

Non rendete a nessuno male per male… Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male”.
(Lettera di San Paolo ai Romani 12, 17.21)

Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”.
(Matteo 6,25-33)

Amare sé stessi

Vedo in giro un gran dire sull’essere sé stessi. Amare sé stessi è un atto di giustizia. Ma la prima regola dell’amore è l’ascolto.

Non c’è nessun motivo di vanto nell’essere sé stessi se ciò si è dentro non è bello. Non parliamo di perfezione ma di bellezza. Nessuno è perfetto ma tutti possiedamo bellezza.

Occorre scegliere quale versione di noi vogliamo essere. Ascoltare se stessi, dare un nome a ciò che alberga dentro di noi, senza presunzione ma con l’umiltà di chi cerca la propria verità, è l’atto di giustizia che dobbiamo a noi stessi se vogliamo amarci veramente ed essere orgogliosi di “essere noi stessi”.

Diversamente, il rischio è di essere la versione peggiore di noi e vantarcene come una conquista.

Ma di brutte copie in giro che diffondono, appunto, bruttura ce ne sono fin troppe. In ognuno di noi c’è un capolavoro. Bisogna scegliere di avere il coraggio di investire su di esso e farlo venire fuori.

Cercate la luce di Cristo

Cercate la luce di Cristo
in ogni frattura del mondo
e dovunque si è spezzato
qualcosa nella vostra vita.
Troverete piccole fiamme
accese che illumineranno
il vostro sentiero e
riscalderanno le vostre
anime. Diventerete voi stessi
luce di Cristo.

La mistica dell’amicizia. Lasciare spazio e accogliere i limiti.

Nel libro dell’esodo Mosè incontra Dio faccia a faccia. L’immagine, però, che la Bibbia ci offre, non è quella del “faccia a faccia”. Di Dio Mosè riesce a vedere soltanto le spalle ma la sua esperienza dell’incontro con lui è talmente travolgente da poter dire che egli lo ha visto in faccia.

È la stessa esperienza che avviene nell’amicizia. Noi vediamo il volto dell’altro. Il volto è lo specchio dell’anima. Ma è pur sempre specchio. E in quanto tale esso riflette solo una parte dell’anima, quella che la persona che ci sta di fronte vuole – o è in grado – di rivelarci.

Pur vedendo l’amico faccia a faccia, rimane sempre una distanza incolmabile perché della sua persona, della sua storia, della sua profonda identità nulla potrà mai essere un nostro possesso.

Accettare questa distanza rende l’amicizia autentica. La sostanza dell’amicizia non è il possesso ma è la libertà di lasciare che l’altro sia ciò che vuole essere e si muova, dentro lo spazio dove le due vite si intersecano, con la creatività di cui è capace.

La pretesa di sapere tutto dell’amico, lo sventrare quello spazio sacro della sua intimità il nome di una nostra presunta conoscenza di lui altro non è che l’espressione di una volontà di dominio su di lui, un desiderio di potere. Questo è un delitto contro l’amicizia.

L’amicizia si trasforma da morbosa in liberante quando ci arrendiamo all’esistenza di quella distanza che ci separa da ciò che il volto dell’altro non è in grado di rivelarci.

Accettare che ci sono apparenze che non dicono la verità sull’amico, accettare che di lui ci saranno verità che io non potrò conoscere ma dovrò rispettare e di cui dovrò prendermi cura, accettare che l’amicizia è costituita proprio da quella distanza che permette ad ognuno di avere lo spazio necessario per allenarsi, migliorarsi e tentare di diventare la versione migliore di sé è fondamentale perché l’amicizia sia una vera esperienza umanizzante.

L’amicizia, per questo motivo, è anche e soprattutto accettazione, ma più ancora, accoglienza e custodia, del limite dell’altro!

Molte amicizie sono state uccise, molte anime ferite per questa disumana incapacità di comprendere la straordinaria bellezza della distanza che permette all’altro di essere ciò che è.

Dio ha scelto con noi la strada dell’amicizia facendosi uomo, permettendoci di poterlo vedere e contemplare come vero uomo è vero Dio pur rimanendo la nostra totale incapacità di penetrare le profondità del mistero di Dio e di possederle.

Ma Dio ha trovato un modo di farsi riconoscere ugualmente da noi..

Umanità e Speranza. Dove siamo e dove possiamo andare per ritrovarci (o perderci)

L’aver trascurato per così tanto tempo la vita interiore e il contatto con il nostro Io, convinti che la felicità stia nel possedere (denaro, le persone, la propria donna o il proprio uomo), ci ha portato a non essere in grado di vedere quali voragini di vuoto si sono aperte dentro di noi, all’interno delle quali abbiamo perso la reale percezione dell’esistere e ciò che rende l’uomo e la donna veramente umani.

Senza l’esperienza interiore, senza la percezione del nostro io, noi perdiamo la possibilità di sentire come un brivido tutto ciò che ci fa veramente esistere: la bellezza delle relazioni umane, la contemplazione della natura, il futuro come luogo di speranza.

Possiamo passare la domenica facendo una gita fuori porta con la famiglia, andare in montagna o al mare, ma invece di fare una esperienza di immersione e di contemplazione, faremo quella dell’evasione e del consumo.

Occorre tornare lì, alle sorgenti del nostro Io, nelle nostre profondità interiori.

Dobbiamo tornare al punto sorgente del nostro Io. Una strada maestra è il silenzio interiore. Un’altra strada è la relazione con l’altro, ogni altro. Ogni persona che attraversa la mia vita diventa un “Tu” che mi rivela a me stesso, almeno una parte di me. Ogni “Tu” che intreccia una relazione umana con me diventa come una bussola che mi indica la strada per arrivare a quel punto sorgente.

Arrivati a quel punto sorgente, bisogna poi proiettarsi nuovamente verso il mondo. Perché la relazione col mio io è l’inizio della mia rinascita ma la comunione piena con gli altri e con la natura ne è il compimento.

Da soli noi non possiamo ritrovarci. Da soli siamo inghiottiti dentro la voragine che si è creata in noi.

L’esistenza di un “Tu” mi fa percepire che c’è un “Io”. Per entrare in una relazione veramente umanizzante con quel “Tu”, cioè con il mondo, devo entrare in un rapporto profondo con me stesso.

E.C.

Abbiamo bisogno di mettere fine a un mondo dove l’altro (la moglie, il marito, l’amicizia, il cibo, tutto) sia solo un bene di consumo e scoprire, invece, che tutto è dono.

Abbiamo bisogno di congedare per sempre il paradigma di un sistema di mondo che si fonda sulla “contrapposizione – divisione – conflitto” e sostituirlo per sempre con il paradigma della “fratellanza – unità – pace“.

L’umanità si trova, sì, in un tempo di crisi epocale, presso il più grande bivio della sua storia ma si trova anche in un tempo straordinariamente affascinante, pieno di opportunità, un tempo di rigenerazione e di rinascita, un tempo per costruire un mondo mai visto prima. Uno dove la creazione e la vendita delle armi e la guerra diventino obsoleti e fonte di perdita e non di profitto e l’armonia e la pace tra i popoli diventino la più grande fonte di prosperità, materiale e spirituale.

Questo è il viaggio che le nostra umanità deve compiere. È il viaggio più affascinante della nostra vita.

E poi c’è la tossico-dipendenza dai “like”

La ricerca smodata di “like” o “mi piace” suo social, in alcuni corrisponde al bisogno di creare una base di consenso per i loro scopi ma in tutti nasce da un primordiale terrore di valere poco e di non essere accettati.

Le vita per ri-umanizzare il mondo paga attraverso la riscoperta della bellezza delle relazioni umane.

La pace, non senza il mondo

Senza fare pace con il mondo e accoglierlo dentro di sé non vi è pace interiore, ma solo una triste solitudine.

E.C.

Dalle ferite interiori alla risurrezione

Noi non siano nati per soffrire.

Non è corretto, però, affermare che la felicità sua il senso ultimo e il fine dell’esistenza.

Noi esistiamo si questa terra per dare un significato al mondo, alla vita, al cielo che ci sovrasta e passare alle nuove generazioni le conquiste, comprese quelle dello spirito umano.

Per il credente questo significa accettare la croce non come condanna ma come passaggio di trasformazione e ponte verso la risurrezione.

Nella vita nuova che nasce già in questo mondo noi troviamo anche la pace.

E.C.

Il “muro” di Dio che diventa ponte alla vita

Nulla può turbare l’anima immersa in Dio.

Stare in Dio è come un muro che respinge il male.

Allo stesso tempo è un ponte verso il mondo, perché chi vive in Dio, non ha paura del mondo.

E.C.