Pentecoste. Il miracolo della vita divina infusa in noi

Leggi il racconto della discesa dello Spirito Santo, qui: At 2,1-11
Leggi il vangelo, qui: Gv 20, 19-23

La Pentecoste celebra la discesa dello Spirito Santo e la consacrazione della Chiesa e della sua missione universale. Insieme alla Pasqua, è senza ombra di dubbio l’evento più importante della nostra vita.

Possiamo considerare la Pentecoste come il 1° giorno di primavera dell’anno liturgico. In verità, essa è l’inizio di una nuova primavera per l’intera storia della chiesa.

Lo Spirito aleggiava sulle acque prima della creazione e fu la forza stessa con cui Dio creò tutto ciò che esiste. Fu la colonna di fuoco che guidò Israele nel deserto, la voce interiore dei profeti che annunciavano la venuta del Messia e invitavano il popolo alla conversione.

Lo Spirito Santo è l’alito di Dio che soffia sulla Chiesa santificandola con ogni nuovo nato nel battesimo, è l’energia divina nascosta nei sacramenti e nei testi sacri. Egli è la presenza di Dio dentro di noi, talmente intimo da essere, come dice S. Agostino, più intimo a noi di noi stessi. È la medicina che placa e guarisce i cuori rancorosi e risentiti. È la nostra pace.

Egli è colui che consacra l’Eucaristia. È l’energia divina che consacra e santifica le mani dei sacerdoti perché possano benedire, riconciliare, consacrare. È la forza è l’entusiasmo della missione della Chiesa, del felice annuncio del vangelo. È il vento che rassicura i naviganti che salpano verso i lidi ancora inesplorati della vita e la luce che guida il cammino dei viandanti verso mete più alte dell’esistenza.

Egli è colui che ci rende Chiesa ed è la sostanza della fraternità e della comunione tra credenti.

La Pentecoste non è mai finita. È un evento in perenne attuazione.

Lasciarci inondare da questa sua costante effusione significa essere liberi, rinnovati e rinascere a vita nuova nella Chiesa e come Chiesa, per essere più fedeli al Signore Gesù, più coraggiosi nella testimonianza, più missionaria nel nostro slancio verso il mondo.

Lasciamoci trasformare interiormente dalla venuta dello Spirito di Dio per divenire strumenti della santificazione del mondo.

L’Ascensione di Gesù apre a nuovi e sorprendenti livelli di intimità con lui

Commento al vangelo della Domenica dell’Ascensione

Leggi il vangelo qui: Mt 28,16-20

Sono passati 40 giorni dalla risurrezione di Gesù. In questo tempo, Gesù ha accompagnato i discepoli in un viaggio interiore alla scoperta della sua nuova condizione di risorto e del suo significato.

Ora, però, anche questo viaggio è terminato. Ma per i discepoli non è ancora tutto chiaro.

Essi non riescono ancora a capire come la risurrezione di Gesù si relazioni alle loro vite, alle loro tante domande e soprattutto a quei sogni che si sono spezzati il Venerdì Santo sulla croce.

Ma questo non è più tempo di domande. È arrivato il momento che Gesù ascenda al cielo e prenda il suo posto alla destra del Padre. E alle domande che essi continueranno a fare, Gesù non risponde. Gli apostoli stanno ancora cercando una comprensione razionale del mistero. Ma i misteri divini non si possono “possedere” con la ragione. Inizia, invece, Il tempo di un nuovo rapporto nuovo con Gesù, il tempo della conoscenza per mezzo della fede.

Fede non è avere la spiegazione a tutto. È sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda del pensiero di Dio, sentire che Dio ha in mano il timone della storia e poi svolgere, ognuno, il proprio compito in questo tempo che si apre davanti a noi, consapevoli di essere sotto la guida dello Spirito Santo.

Davanti al timore che l’ascensione possa essere un allontanamento, un distacco definitivo di Gesù, egli dirà: “non abbiate paura, mai. Io sarò con voi, fino alla fine del mondo”. 

Questa grande promessa, però, non è detta solo per consolarci in mezzo ai guai della vita. È legata al mandato che Gesù dà ai suoi apostoli e a cristiani di ogni tempo: “Andate e fate miei discepoli tutte le nazioni, battezzandole…”. Il nostro compito non è solo credere che Dio esiste, ma essere cristiani che annunciano con la loro vita la fede in Cristo.

Sono passati 2000 anni. Abbiamo ancora tante domande e la nostra fede è sempre fragile. Preferiamo stare tranquilli nei nostri spazi protetti piuttosto che rischiare il giudizio o la derisione del mondo perché ci esponiamo ad essere annunciatori.

Il nostro è un tempo di missione a 360°. È tempo di affrontarlo con una rinnovata forza che viene dal vangelo, con la fiducia che Dio non ci abbandona e un grande amore per il mondo.

Lo Spirito Santo è inviato a parlarci di noi e del nostro peccato secondo uno sguardo di amore e verità

Commento al vangelo della VI domenica di Pasqua – Anno A

Ascolta il vangelo: https://www.lachiesa.it/bibbia/cei1974/mp3/Gv-14.15.mp3

Mentire è l’arte del diavolo. Egli mente si tutto. Mente all’uomo su Dio, per farlo apparire lontano, indifferente e crudele. Mente a Dio sull’uomo, per accusarlo e fare apparire inutili gli sforzi per redimerlo. Mente ancora all’uomo e gli offre una rilettura della sua vita in chiave fallimentare, per farlo sentire sbagliato, non all’altezza di ricevere il perdono di Dio.

C’è però chi ci offre una narrazione sulla nostra vita, secondo uno sguardo di amore e verità. È lo Spirito Santo.

Contrariamente al maligno (e a volte anche al nostro stesso Io), che può anche dirci cose vere sul nostro peccato ma sempre con una finalità di menzogna, per farci gettare la spugna e rinunciare a Dio, lo Spirito Santo, invece, che è lo “Spirito della verità” ci offre una narrazione del mistero su noi stessi che non ignora il male in noi ma lo illumina mettendo l’accento sull’infinita misericordia di Dio, a dispetto di quel male. Egli ci dice che il peccato non è la verità totale sulla nostra vita e che noi siamo amati da Dio di un amore infinito nonostante il nostro peccato.

«Se mi amate», dice Gesù, «osserverete i miei comandamenti». «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre».

Per ricevere il dono dello Spirito è necessario che Gesù preghi il Padre, perché lo Spirito Santo è puro dono. Noi lo possiamo invocare, e dobbiamo farlo, ma è solo la preghiera di Gesù che ci permette di riceverlo, a condizione di amare Gesù al di sopra di ogni cosa, di rimanere in intima comunione con lui e vivere secondo i suoi insegnamenti.

Il mondo, dice Gesù, quello che non riconosce Gesù come Signore, non può ricevere lo Spirito perché il suo cuore è chiuso a Dio. E le opere che essi compie non sono quelle dello Spirito.

In un mondo segnato dal progressivo tramonto di Dio noi dobbiamo far brillare la luce di Dio che è in noi. Dobbiamo attingere, con fiducia, alle sorgenti della fede e ricordarci che Gesù ci ha promesso:
«Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

Io sono la Via, la Verità e la Vita.

Commento al vangelo della V domenica di Pasqua Anno A (2023)

La prima lettura ci mostra una chiesa che cresce ogni giorno, piena di energia, con una forte carica missionaria e una grande carità.

È una chiesa molto diversa da quella nostra, in Italia e in Europa, dove Dio sta scomparendo e troppi cristiani si stanno abbandonando alla rassegnazione.

Tuttavia, anche la chiesa degli inizi visse momenti di crisi. Essa stava crescendo ma soffriva di disorganizzazione. C’era malumore fra i cristiani di origine pagana perché le loro vedove erano assistite con minore attenzione rispetto alle vedove degli ebrei.

Gli stessi apostoli cominciavano a trascurare la predicazione del vangelo per occuparsi di questioni organizzative. Il problema verrà risolto con l’istituzione dei diaconi, i quali si occuperanno dell’assistenza ai poveri mentre gli apostoli potranno dedicarsi nuovamente, a tempo pieno, all’annuncio del vangelo.

La chiesa degli apostoli ha appena scongiurato il rischio di non parlare più di Gesù Cristo e di diventare una sorta di agenzia di servizi sociali. Ma una chiesa che si occupasse solo del sociale, o di intrattenimento, e non annunciasse più il vangelo, sarebbe una Chiesa che ha perso lo Spirito Santo. Non avrebbe più ragione di esistere.

La chiesa degli apostoli, però, è una chiesa che nonostante le sue fragilità ha pregato insieme, ha cercato insieme le soluzioni e non cedette alla divisione. Essa si è messa in ascolto della parola di Dio la quale, quest’oggi ci dice: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede…».

Davanti alle difficoltà e alla tentazione dello scoraggiamento, quando sembra di aver perso la strada e di non trovare la direzione, Gesù ripete alla sua chiesa, a noi: «Io sono la via, la verità e la vita». Chi rimane in Cristo cammina con un passo certo, non si perderà, riceve da Dio ispirazione e sapienza e trova la vita vera.

Gesù “porta delle pecore”. Cosa significa?

Commento al vangelo della IV Domenica di Pasqua Anno A 2023

Ascolta il vangelo:

http://www.lachiesa.it/bibbia/cei1974/mp3
/Gv-10.1.mp3

La risurrezione di Gesù è il modo che Dio Padre ha scelto per aprire all’umanità le porte del cielo, dopo che erano state chiuse a causa del peccato originale.

Nel figlio risorto Dio si riconcilia col mondo. Egli costituisce il figlio stesso la “porta del cielo”. Gesù dirà di essere il “guardiano e, insieme, la Porta delle pecore”. Ma che significa? Significa che chi vorrà entrare nel Regno dei cieli e vedere Dio faccia a faccia, dovrà passare attraverso di lui. Senza Gesù non vi è speranza di salvezza. In lui tutto è trasformato e rinnovato.

Attraverso di lui, noi riguadagniamo anche l’accesso alla parte più profonda di noi stessi. Senza di lui noi siamo chiusi fuori da noi stessi, dal contatto con chi siamo veramente e non riusciamo a sentire la voce dello Spirito Santo che ci parla dell’amore del Padre da dentro la nostra anima. E finiamo col diventare schiavi di ogni paura che il mondo incute.

Attraverso Cristo noi ritroviamo anche l’accesso al cuore dell’altro, verso il quale troppo spesso siamo blindati, per diffidenza, mentre, invece in Cristo noi conosciamo l’altro nella sua bontà originaria e conosciamo Dio nell’esperienza della fraternità e della comunione. Senza la fraternità e la comunione, anche Dio resta soltanto una idea astratta.  

I ladri e briganti di cui parla Gesù sono coloro che si spacciano per guardiani, in nome di Gesù ma vogliono solo prendere il posto di Dio, fingendo la fede mentre le loro opere sono divisione, distruzione e morte.

A tutti, però, compreso mercenari e assassini, è offerta l’opportunità di tornare a essere figli, a patto di convertirsi e ritornare a Cristo.

Chi sperimenta nella propria vita la presenza del risorto desidera solo amarlo e servirlo nel prossimo, secondo la vocazione che ha ricevuto e desidera la pace e la riconciliazione con tutti. Conoscere Gesù come Porta delle pecore significa fare esperienza della Pasqua nella propria vita ed esserne testimoni davanti al mondo.

Solo l’incontro con il Risorto trasforma cristiani tristi in discepoli. Sulla via di Emmaus

Nelle domeniche di Pasqua fino a Pentecoste, le letture domenicali rappresentano una intensa riflessione sul significato della risurrezione di Gesù e della vita cristiana. Occorre anzitutto prendere coscienza che il più grande tesoro della nostra vita non è materiale; è la vita spirituale. Finché viviamo da cristiani immersi nella mondanità spirituale avranno sempre maggiore importanza le cose che davanti a Dio non contano nulla.

È questo che rende i discepoli di Emmaus incapaci di comprendere. Erano seguaci di Gesù, ma somigliavano a tanti credenti del nostro tempo che credono di credere mentre non credono, perché non hanno visto, e non hanno visto perché non si sono messi in ascolto. Vedono, dunque, Gesù, ma sono ciechi nell’anima. Non lo riconoscono.

Illustrando loro le Scritture, Gesù toccherà i loro cuori aprirà loro gli occhi e l’anima sulle cose che contano agli occhi di Dio. Il punto cruciale è che dovranno ascoltare. E il presupposto dell’ascolto è far religioso silenzio davanti all’altro che parla. Gesù li farà parlare finché ne hanno forza. Li ascolta in tutto, ma dovranno adesso loro mettersi in ascolto. Troppo spesso noi vogliamo essere ascoltati ma non vogliamo ascoltare. Non ci interessa cosa l’altro abbia da dire. I nostri giudizi sono già decisi e non siamo disposti a metterli in discussione. I “sentiti dire” e i lamenti della gente diventano, addirittura, il punto su cui fondiamo le nostre pretese di verità. Ma la domanda resta: in che direzione stiamo guardando?

Gesù, infatti, ha qualcosa da dire di diverso rispetto alle loro, alle nostre convinzioni. Solo l’ascolto profondo li trasformerà, ci trasformerà in discepoli.
Questo racconto straordinario ci pone delle domande cruciali: In base a cosa mi credo Cristiano? Su cosa si fonda veramente la mia fede?
L’incontro con Gesù è un evento spirituale ed è la dimensione spirituale dell’esistenza che dobbiamo dischiudere per incontrare il Risorto nella nostra vita.

Solo allora possiamo dire che la Pasqua è entrata dentro di noi.

Tommaso. Il suo dubbio. Le sue paure. Il dono della fede e il suo frutto: la pace

Commento alle letture della 2^ domenica di Pasqua Anno A

Ascolta il vangelo: www.lachiesa.it/bibbia/cei1974/mp3/Gv-20.19.mp3

Nella prima lettura, l’evangelista Luca descrive la comunità cristiana degli inizi. È una comunità che profuma ancora della freschezza dell’incontro con Gesù risorto, la cui presenza è sentita come brezza sulla pelle. Il Risorto è il respiro stesso della comunità. La pace, l’armonia, l’unità e l’ascolto della testimonianza dei pastori sono i tratti che identificano Chiesa.

Questa è la chiesa che duemila anni fa sconvolse il mondo ed è per essa che noi oggi siamo qui, a celebrare ancora la Pasqua del Signore.

La pace del Signore scende sulle paure umane e le scioglie. Purtroppo, noi facciamo parte di una generazione che ha confuso la pace di Dio con la “tranquillità” e il “quieto vivere”. E per questo sfioriamo una condizione di infelicità permanente.

Finché saremo nel mondo la vita non ci concederà mai tregua. La pace in Cristo consiste nel dono di saper stare dentro le tempeste del mondo e di sentire che è Dio che ha in mano il timone della storia e delle nostre vite. È una forza spirituale che guarisce nel profondo ed è frutto dalla presenza del risorto in noi.

Questa è anche la vicenda dell’apostolo Tommaso, di cui troppe volte si è messo l’accento solo sul dubbio, senza comprendere che il suo vero problema era la paura, quella che, con la morte maestro, tutto possa essere stato soltanto un inganno e un’illusione.

La tempesta dei giudei infuria attorno a quel cenacolo ma la presenza di Gesù risorto e il dono della sua pace risolve la paura di tutti, compreso quella di Tommaso, il quale cade in adorazione e fa la professione di fede più grande di tutto il Nuovo testamento: “mio Signore è mio Dio”.

Forse a questa professione noi non siamo mai pienamente arrivati. Piuttosto siamo rimasti a una idea di Dio come a colui a cui ci si può rivolgere solo quando se ne ha bisogno, e a volte come a colui con cui prendersela quando non ci concede quello che chiediamo. Ma questo non è il Dio di Gesù Cristo.

È Pasqua quando lasciamo che il Risorto scenda nelle profondità dei nostri abissi e gli si permetta di toccare le nostre ferite, quelle che vorremmo tenere nascoste, per guarirle. È Pasqua quando lasciamo che la pace del risorto trasformi la nostra vita.

Cristo ci dà il dono della sua pace. Tocca a noi, con questo dono, il compito di ridurre al silenzio, nelle nostre viscere, la violenza del mondo e far splendere, come nella comunità degli inizi la bellezza di una testimonianza pasquale, attraente e irresistibile.

Ma quanta strada dobbiamo fare?

E.C.

Le Beatitudini (ciclo di riflessioni)

Raccolta delle catechesi sulle Beatitudini, nella versione del vangelo di Matteo, tenute durante l’adorazione eucaristica settimanale

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“Se ti trovi davanti al testo delle Beatitudini, fermati. Non lasciarti sfuggire questa occasione. Leggile con calma. Rileggile. Assaporale. Per comprenderle secondo il loro vero significato, fatti aiutare da un libriccino di commenti, chiedi aiuto a un’anima saggia. Non fare da solo. Fa in modo di conoscerle in profondità. Se credi di conoscerle, ma nulla è cambiato nella tua vita, non le conosci. Senza le beatitudini non si vive il vangelo. Se le stai scoprendo per la prima volta, lasciati portare dallo Spirito di Dio, sentirai l’anima che si dilata. Se le conosci, una nuova luce brillerà al centro della tua esistenza. Se ti sei lasciato catturare da esse, la tua vita non sarà mai la stessa. Non potrai mai tornare indietro. Se stai anche solo tentando di viverle, sei già diventato un segno e una testimonianza per gli altri. Se le vivi, la tua vita sarà irresistibile. Sarai un faro per molti.  Se gli altri si accorgono che le vivi, sei diventato un vangelo vivente. Le beatitudini sono il fondamento di un nuovo umanesimo, ispirato al vangelo e la cui spiritualità è quella del Regno di Dio.”

(Enzo Caruso)

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LE 8 BEATITUDINI

Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:

«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli. 
Beati gli afflitti,
perché saranno consolati. 
Beati i miti,
perché erediteranno la terra. 
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati. 
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia. 
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio. 
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio. 
10 Beati i perseguitati per causa della giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.

11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.

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(“Gesù di Nazareth”, di Franco Zeffirelli, 1977)

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CICLO DELLE CATECHESI

(Le prime 5 beatitudini sono state registrate solo in audio)

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INTRODUZIONE ALLE BEATITUDINI.

Le Beatitudini: “navigatore” della vita cristiana, la Legge dei Liberi, il Programma della vita cristiana, carta di identità del cristiano. (15 min)

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1) BEATI I POVERI IN SPIRITO

01) PRIMA RIFLESSIONE: Poveri” (nel senso economico) o “poveri in spirito”? Il povero in spirito come colui che, nell’umiltà, riconosce il suo stato di totale indigenza nei confronti di Dio, che contempla l’infinita grandezza di Dio e la sua piccolezza e non teme, ma, come il mendicante, affida a Dio tutto se stesso e sa di avere da lui la vita e tutto il bene. Siamo tutti mendicanti, tutti bisognosi l’uno dell’altro e tutti di Dio. Vivere una vita semplice, sobria, umile ed esserne felici… (14 min)

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02) SECONDA RIFLESSIONE: Nessuno è più povero di colui che confida solo in se stesso. Si può essere poveri ma non poveri in spirito. Si può essere poveri e arrabbiati, poveri e incattiviti. La povertà di spirito è una condizione dell’anima, non uno status sociale. Per questo, anche un ricco può essere povero in spirito e quindi beato. (18 min).

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2) BEATI QUELLI CHE SONO NEL PIANTO, PERCHÉ SARANNO CONSOLATI

01) PRIMA RIFLESSIONE: La commovente storia della regina Ester come esempio della beatitudine di che è nel pianto (12 min). Su 6 miliardi di persone sulla terra, più della metà vive in uno stato di afflizione. Vivono “nel pianto” perché affamati, oppressi, vittime della guerra. Ma “l’essere nel pianto”, cioè essere “afflitti” la condizione per essere beati? Gli afflitti sono beati perché “nel pianto”? In questa beatitudine Gesù è lontano anni luce da una mera e falsa consolazione di coloro che soffrono. La beatitudine degli afflitti consiste nella consolazione che ricevono già, da parte di Dio, in questa vita, mediante il dono della fede, perché, pur essendo in uno stato di afflizione, hanno posto tutta la loro confidenza in Dio. In questi afflitti, si coglie il tratto caratteristico di una vita profondamente religiosa e fiducia in Dio.

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02) SECONDA RIFLESSIONE: Il pianto della disperazione come dannazione e la via delle Beatitudini per uscire verso la luce (12 min). Il dono dello Spirito Santo come fonte di beatitudine di coloro che sono nel pianto (13 min).

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3) BEATI I MITI, PERCHÉ AVRANNO IN EREDITA’ LA TERRA

01) PRIMA RIFLESSIONE: Il mite come colui che rifiuta la violenza non perché no sa usarla ma per la sua fede nel vangelo. Il mite come colui che mette a repentaglio la sua vita per la visione di mondo pacificato dal vangelo. La mitezza beata che capovolge la logica di un mondo che conquista con la violenza. La mitezza beata che capovolge la logica di un mondo che conquista con la violenza (12 min)

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02) SECONDA RIFLESSIONE: Quale “terra” costituisce il dono di eredità promesso da Dio ai miti? (15 min)

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4) BEATI QUELLI CHE HANNO FAME E SETE DELLA GIUSTIZIA, PERCHÉ SARANNO SAZIATI

01) PRIMA RIFLESSIONE: Fame e sete. Un bisogno profondo e viscerale, dal quale dipende il destino della vita (15 min).

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02) SECONDA RIFLESSIONE. La giustizia nel Vangelo è in ordine a rifare il mondo a partire dalla centralità della relazione con Dio. E’ essere in relazione con Dio, il quale è il centro di tutte le cose (13 min).

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5) BEATI I MISERICORDIOSI, PERCHÉ TROVERANNO MISERICORDIA

01) PRIMA RIFLESSIONE. Perché Gesù non dice: “Beati quelli che perdonano” ma “Beati i misericordiosi? Perdono e misericordia. Concretezza della misericordia (12 min).

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02) SECONDA RIFLESSIONE. L’uomo non conosce la misericordia se non contemplando la Trinità divina che è essenzialmente Carità nelle sue relazioni interne e misericordia nel suo rapporto con l’umanità. La misericordia è la concreta manifestazione “dell’essere Carità” del Dio uno e Trino nella storia degli uomini con l’infinito desiderio che tutti ritornino nella comunione con Lui (10 min)

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06) BEATI I PURI DI CUORE, PERCHÉ VEDRANNO DIO

01) PRIMA RIFLESSIONE (12 min). La concezione biblica di “cuore” come centro dell’essere e dell’identità della persona. Il puro di cuore come “colui che non è stato compromesso, nel suo essere profondo, dalla contaminazione del male e che si presenta integro” (nonostante la condizione di fragilità dovuta al peccato (12 min)

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(Questa riflessione in poi sono in video):

02) SECONDA RIFLESSIONE (10 min): Cosa significa “vedere Dio”. La vita semplice dei puri di cuore. Una beatitudine che genera potenza interiore.

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03) TERZA RIFLESSIONE: Lo spirito impuro nella sinagoga di Cafarnao (Mc 1,21-28). Il diavolo “spirito impuro” per definizione. Perché gli apostoli non riescono a scacciare uno spirito muto (Mc 9, 14-29). Una errata concezione della potenza di Cristo. La potenza spirituale della purezza dell’anima che vince il male. La necessità di sottomettere a Dio tutto ciò che corrompe l’anima. Purezza di cuore e povertà di spirito. Due beatitudini che segnano il discepolo nel suo essere interiore e nel suo stile di vita.

(da fare)

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7) BEATI I GLI OPERATORI DI PACE, PERCHÉ SARANNO CHIAMATI FIGLI DI DIO

01) PRIMA RIFLESSIONE (15 min).  La più “operativa” di tutte le beatitudini e forse la più difficile da comprendere. Bisogna porsi a un livello diverso di comprensione rispetto alla mentalità comune se si vuole comprendere questa beatitudine. Chiarimenti necessari prima di definire chi sono gli “operatori di pace”. Come fanno a convivere idee come “la pace” con quelle di “sangue”, morte” e la croce di Cristo, che sono proprio il frutto della violenza? Chi è veramente l’operatore di pace?


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2) SECONDA RIFLESSIONE (11 min). La croce come via di beatitudine per coloro che operano la pace. L’operatore di pace è colui che, per amore del Regno di Dio e la sua diffusione, soffre e pacifica nella sua carne i conflitti del mondo e profetizza Cristo come sorgente della pace col mondo. È colui che “fa” la pace.

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3) TERZA RIFLESSIONE (16 min). La pace sociale

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4) QUARTA RIFLESSIONE (15 min). La pace interiore

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8) BEATI I PERSEGUITATI PER LA GIUSTIZIA, PERCHÉ DI ESSI E’ IL REGNO DEI CIELI

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1) PRIMA RIFLESSIONE (15 min).  L’ultima beatitudine richiama la prima, per il riferimento, in entrambi, dell’appartenenza al Regno di Dio. Perché? Riprendiamo la prima beatitudine e capiamo che essa è la premessa per tutte le altre. Quest’ultima, invece, è quella che le riassume tutte. Chi sono i perseguitati e per quale giustizia?

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2)  SECONDA RIFLESSIONE (13 min). La  parola “perseguitare” nel linguaggio di Gesù. Cosa significa trovarsi nella condizione di “perseguitati” a “causa del nome di Gesù” (essere spinti da una forza avversa verso il limite e poi “oltre”; essere espulsi, scomunicati, eliminati. La persecuzione è la condizione di Gesù e dei profeti, a causa del loro impegno per la “giustizia”.  La persecuzione è la condizione di chi vive in modo vero il discepolato.

 

3) TERZA RIFLESSIONE. Caratteristiche del persecutore: colui che nella vita e nelle opere del perseguitato vede la minaccia del Regno di Dio che avanza e teme per il suo potere. Come il re Erode che, saputo della nascita di un bambino che sarebbe diventato re, compie la strage dei bambini innocenti, uccidendone molti per eliminare uno solo. Il persecutore di questa ultima beatitudine non è soltanto una persona malvagia, che per un qualsiasi interesse prende di mira un altro e lo perseguita. È uno che teme l’avanzare del Regno di Dio perché sa che il suo mondo sarebbe finito. Nel perseguitare il giusto, in realtà egli sta perseguitando Cristo e il suo Vangelo.


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4) QUARTA RIFLESSIONE. Rallegratevi! Perché grande è la vostra ricompensa nei cieli! La proclamazione delle beatitudini si conclude con un’affermazione assurda. Coloro che subiscono oltraggi – a causa di Gesù – non solo non devono amareggiarsi ma devono esultare e rallegrarsi. Non è la proclamazione di un’utopia ingenua. I cristiani non sono dei matti da ricoverare. Chi vive guidato dallo Spirito di Dio viene innalzato a livelli di esistenza che questo mondo non può conoscere. Nel libro degli atti gli apostoli vengono flagellati e poi rilasciati, lieti di essere stati trovati degni di subire oltraggi in nome di Gesù. E’ il capovolgimento di tutte le logiche umane. E’ una via nuova, inaspettata, provocatoria, che rimette l’uomo al centro e il Regno come misura della vita del credente.

 

 

RIFLESSIONI A CONCLUSIONE DI UN ITINERARIO. SIAMO SOLO AGLI INIZI.

PRIMA RIFLESSIONE (9 min). Rileggiamo le beatitudini. Mettiamo in evidenza la chiave di lettura, il nucleo di ciascuna di esse.

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SECONDA RIFLESSIONE (11 min). Quali sono gli elementi caratterizzanti delle beatitudini, ossia qual è l’elemento  distintivo delle beatitudini evangeliche? 1) La docilità verso l’invito a portare la croce; 2) La naturale tensione verso il Regno, di cui il discorso della montagna e il comandamento dell’amore sono la “costituzione” 3) L’intima unione con Cristo

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TERZA RIFLESSIONE (10 min). Perché rileggere le Beatitudini, oggi? Qual è l’attualità del messaggio che portano? La via maestra per “rifare” il mondo, a partire da un radicale rinnovamento interiore.

 

 

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