Don Pino Puglisi, Martire di Cristo ucciso “in odio alla fede”

Perché padre Pino Puglisi è stato proclamato martire

Ucciso dalla mafia «in odium fidei»

Puglisi

Don Pino Puglisi 1937-1993), il parroco del quartiere palermitano di Brancaccio ucciso dalla mafia, è stato proclamato beato, perché riconosciuto martire dalla Chiesa, in quanto l’omicidio è avvenuto in odium fidei.

Il fatto costituisce un’assoluta novità riguardo alla plurisecolare tradizione della Chiesa in ordine al riconoscimento del martirio. Don Puglisi è stato assassinato, infatti, da un killer che ha ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana e che appartiene a un’organizzazione criminale — la mafia — la quale fa proprio del paludamento religioso una peculiare caratteristica, pur essendo, in realtà, un’organizzazione atea e antievangelica. Puglisi è stato un presbitero ucciso per avere vissuto fino in fondo le virtù richieste da una vita coerente con la fede cristiana. Vita evangelicamente inerme, condotta con la chiara consapevolezza che questa modalità di esistenza avrebbe potuto comportare l’uccisione da parte di un’organizzazione che non accetta il messaggio cristiano, nelle sue variegate sfaccettature.

Il suo delitto, ravvisato come martirio, fa sì che la Chiesa tutta possa togliere definitivamente la maschera a quella forma idolatrica di religiosità che è la mafia. Il suo sacrificio ha ribadito con forza alla compagine ecclesiale che non si possono servire due padroni e che non esiste una sequela Christi, e una consequenziale testimonianza della fede e delle realtà spirituali da parte di un pastore, che non si coniughi strettamente con la promozione della dignità della condizione umana dei credenti a lui affidati.[1]

 

Nel cuore di Brancaccio

Don Pino nasce a Palermo, proprio nel quartiere di Brancaccio, il 15 settembre 1937, da famiglia semplice e povera. A sedici anni entra in seminario e il 2 luglio 1960 riceve l’ordinazione presbiterale. Dopo aver svolto per alcuni anni il ministero di vicario parrocchiale, inizia l’insegnamento della religione. E proprio a scuola incontra una collega di lettere che gli fa conoscere il movimento di ispirazione francescana Presenza del Vangelo, che pone al centro della propria spiritualità la Parola, al quale don Pino si legherà particolarmente. Negli anni a venire, il giovane presbitero presterà il suo servizio ministeriale anche in un centro sociale di ispirazione cattolica e ricoprirà alcuni incarichi all’interno dell’Azione cattolica e di alcuni organismi diocesani. Il 1° ottobre 1970 è inviato parroco a Godrano, paesino con forte presenza di cristiani pentecostali e, soprattutto, dilaniato da faide familiari. In questo piccolissima realtà del palermitano, don Pino si spende per la riconciliazione tra le famiglie e per l’annunzio della Parola, organizzando anche missioni popolari.

Nell’agosto del 1978 ritorna a Palermo e, alla fine del 1979, per mandato dell’arcivescovo card. Pappalardo, dà vita a una comunità vocazionale per giovani in discernimento e viene anche nominato direttore del Centro diocesano vocazioni. In questo ambito don Pino si prodiga generosamente coinvolgendo decine di realtà ecclesiali palermitane, stimolando l’intera Chiesa a prendere consapevolezza della dimensione vocazionale di ogni scelta di vita e organizzando decine di campi vocazionali per giovani. Nel secondo quinquennio degli anni Ottanta i vescovi siciliani lo nominano direttore del Centro regionale vocazioni, servizio che don Pino esplica lodevolmente, senza per questo venir meno alla preziosa opera di accompagnamento spirituale rivolta a tantissimi credenti e a diverse realtà e movimenti ecclesiali. Nel marzo 1990 l’arcivescovo lo nomina assistente diocesano della Federazione universitaria cattolica italiana (FUCI). In settembre accetta di andare parroco a Brancaccio, quartiere ad altissima densità mafiosa, dove verrà ucciso, dopo appena tre anni di ministero svolto evangelizzando e promuovendo il riscatto dei parrocchiani, proprio il giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno.

 

Puglisi: un prete

La vita e, soprattutto, l’esercizio del ministero di don Puglisi, possono costituire, a nostro avviso, un punto di riferimento per i presbiteri italiani.

Don Pino ha vissuto pienamente la conformazione a Cristo amandolo nella sua Parola, incontrandolo nella celebrazione sacramentale e servendolo nei fratelli e nelle sorelle, specie se ultimi e/o più deboli. Il servizio ai credenti lo ha portato a prendersi cura, fin da giovane presbitero, della loro vita, in tutte le sue dimensioni: da quella più propriamente spirituale ai tanti bisogni emergenti, combattendo strenuamente, con le sole armi del Vangelo, ogni forma di lesione e offesa della dignità umana.

Uomo della Parola e servitore del Vangelo, quotidianamente annunciato, Puglisi ha accompagnato centinaia di credenti nella vita secondo lo Spirito, aiutandoli, se giovani, nel discernimento vocazionale e facendosi prossimo con tutti nel paziente ascolto e nell’assistenza concreta per affrontare le tante difficoltà e traversie che la vita riserva a ogni uomo e donna.

Presbitero profondamente intriso dello spirito del Vaticano II, ha accolto pienamente la riflessione conciliare sulla soggettualità della Chiesa locale, che in lui si è concretizzata nella partecipazione attiva agli organismi diocesani e nella generosa disponibilità verso chiunque, singola persona e/o realtà ecclesiale, bussasse alla porta del suo cuore. E tutto questo in una radicale scelta della povertà, lontano dai riflettori e nella generosa disponibilità nei riguardi di ogni proposta ricevuta, anche quando venne inviato in zone «difficili», quali Godrano e Brancaccio.

Alla luce del riconoscimento del suo martirio — giunto al termine di una vita vissuta interamente al servizio di Cristo e degli uomini – don Puglisi può rappresentare un modello e uno sprone per i tanti presbiteri italiani che vivono, con fatica e sacrificio, il loro impegno ministeriale in tante zone torbide di molte regioni del nostro paese (dalla Lombardia alla Sicilia), perché attingano da lui quella fermezza evangelica e quel diuturno coraggio, che sempre hanno contraddistinto la vita e l’operato del parroco palermitano.

Puglisi_02

La causa di beatificazione

Subito dopo la morte di don Pino, diversi membri della Chiesa di Palermo — ma anche donne e uomini non credenti – hanno parlato di lui come di un martire della fede. Sia le persone che lo avevano conosciuto in vita, apprezzandone le qualità umane e presbiterali, sia coloro che lo hanno «scoperto» post mortem, in diverse occasioni hanno manifestato, verbalmente e per iscritto, il desiderio di vedere presto canonizzato dalla Chiesa don Puglisi, proprio per la sua ferma e intrepida testimonianza evangelica.

Già il 29 dicembre 1998 l’allora arcivescovo di Palermo, card. De Giorgi, facendosi interprete del sentire dell’intera Chiesa palermitana, manifestò l’intenzione di compiere i necessari passi in vista dell’apertura del processo canonico per il riconoscimento del martirio di don Puglisi. Il 22 febbraio dell’anno seguente fu istituita la Commissione diocesana per la beatificazione del parroco di Brancaccio col compito di fungere da parte attrice. Il 23 maggio 1999, i vescovi della Conferenza episcopale siciliana dettero il parere favorevole per l’introduzione della causa. Il giorno dopo, mons. Domenico Mogavero[2] fu nominato postulatore e, il 25 maggio, fece richiesta all’arcivescovo d’istruire la causa per il riconoscimento, da parte della Chiesa, del martirio di don Puglisi.

L’11 settembre 1999 la Congregazione delle cause dei santi concesse il necessario nihil obstatper l’apertura del procedimento canonico diocesano. Quattro giorni dopo, nella chiesa cattedrale di Palermo si insediò il Tribunale diocesano e si aprì il processo super vita et martyrio servi dei Iosephi Puglisi, sacerdotis dioecesani, in odium fidei, uti fertur, interfecti. Il 6 maggio 2001 si celebrò l’ultima sessione del processo e tutto il materiale fu inviato a Roma.

Il 16 gennaio 2004 la Congregazione delle cause dei santi emise il decreto di validità del processo celebrato nella fase diocesana e assegnò la causa al relatore, padre Daniel Ols. Il domenicano francese nominò (8 novembre 2004) chi scrive suo collaboratore esterno per la redazione della Positio super martyrio. Il 10 ottobre 2006 i consultori teologi della Congregazione vaticana espressero unanime risposta affermativa. L’11 novembre 2006 mons. Giovanni Paolo Benotto[3] fu nominato ponente della causa, in vista del congresso ordinario dei cardinali e dei vescovi membri della Congregazione delle cause dei santi (12 dicembre 2006). Nel corso della seduta, i padri rilevarono alcuni aspetti che andavano ulteriormente chiariti in vista della prosecuzione della causa. La Congregazione formulò così alcune domande (23 maggio 2007), alle quali ha fornito risposta esauriente il nuovo postulatore (nominato il 6 agosto 2010), il religioso bocconista mons. Vincenzo Bertolone.[4]

Il 28 giugno 2012, infine, papa Benedetto XVI ha autorizzato la Congregazione delle cause dei santi a promulgare il decreto sul martirio in odium fidei del presbitero palermitano ucciso dalla mafia.

 

Mario Torcivia

 


[1] Sulle motivazioni teologiche che hanno portato al riconoscimento del martirio di don Puglisi e sull’incompatibilità tra Vangelo e mafia, rimandiamo al nostro: Il martirio di don Giuseppe Puglisi. Una riflessione teologica. Editrice Monti, Saronno 2009

[2] Allora presbitero della Chiesa palermitana e sottosegretario della CEI; dal 31 marzo 2007 è vescovo di Mazara del Vallo.

[3] Allora vescovo di Tivoli; dal 2 febbraio 2008 è arcivescovo metropolita di Pisa.

[4] Allora vescovo di Cassano all’Ionio; dal 2011 è arcivescovo metropolita di Catanzaro- Squillace.

Recommended Posts

Nessun commento pubblicato


Aggiungi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *