Preghiera. Sei Tu Santo Spirito!

SEI TU SANTO SPIRITO!

Sei Tu, quella Persona che causa in noi l’Amore?
Che ci fa amare Dio con tutto il cuore, con tutte le forze e con tutta la mente?

Che ci fa perdonare, pregare, sperare oltre il limite del razionale, ma con lucidità credere anche all’impossibile?

Sei Tu, Santo Spirito di Cristo, che dimorando in noi, ci fai suoi discepoli e ci fai vivere come pellegrini in questo mondo?

Che ci fai camminare danzando e lodando il Dio che ci ha sedotto col suo perdono e col suo folle e smisurato Amore?

Sei tu che ci fai abbracciare la fede per vivere nel battesimo di fuoco e ci rendi adoratori del Padre?

Sei Tu… sempre tu, che ci fai guardare al Crocifisso con occhi innamorati e sguardi assorti e persi, immersi nelle sue piaghe ad attingere come se stessero scorrendo adesso, acqua e sangue?

Sei Tu il rapitore del nostro cuore al quale scongiuriamo di non restituircelo, ma di tenertelo stretto nelle tue mani Divine, come argilla impastata per dargli la forma da te desiderata?

Come sei amabile e adorabile e desiderabile, o dolce nostro ospite.
Ti apriamo le porte del nostro essere come si aprono le tende affinché entri la tua luce nelle nostre stanze.

Vieni ad irradiare i tuoi luminosi raggi che scaldano la vita ed il cuore, o luminoso e innamorato Signore.
Sei Tu, Santo Spirito… Vieni.

Pentecoste. Il miracolo della vita divina infusa in noi

Leggi il racconto della discesa dello Spirito Santo, qui: At 2,1-11
Leggi il vangelo, qui: Gv 20, 19-23

La Pentecoste celebra la discesa dello Spirito Santo e la consacrazione della Chiesa e della sua missione universale. Insieme alla Pasqua, è senza ombra di dubbio l’evento più importante della nostra vita.

Possiamo considerare la Pentecoste come il 1° giorno di primavera dell’anno liturgico. In verità, essa è l’inizio di una nuova primavera per l’intera storia della chiesa.

Lo Spirito aleggiava sulle acque prima della creazione e fu la forza stessa con cui Dio creò tutto ciò che esiste. Fu la colonna di fuoco che guidò Israele nel deserto, la voce interiore dei profeti che annunciavano la venuta del Messia e invitavano il popolo alla conversione.

Lo Spirito Santo è l’alito di Dio che soffia sulla Chiesa santificandola con ogni nuovo nato nel battesimo, è l’energia divina nascosta nei sacramenti e nei testi sacri. Egli è la presenza di Dio dentro di noi, talmente intimo da essere, come dice S. Agostino, più intimo a noi di noi stessi. È la medicina che placa e guarisce i cuori rancorosi e risentiti. È la nostra pace.

Egli è colui che consacra l’Eucaristia. È l’energia divina che consacra e santifica le mani dei sacerdoti perché possano benedire, riconciliare, consacrare. È la forza è l’entusiasmo della missione della Chiesa, del felice annuncio del vangelo. È il vento che rassicura i naviganti che salpano verso i lidi ancora inesplorati della vita e la luce che guida il cammino dei viandanti verso mete più alte dell’esistenza.

Egli è colui che ci rende Chiesa ed è la sostanza della fraternità e della comunione tra credenti.

La Pentecoste non è mai finita. È un evento in perenne attuazione.

Lasciarci inondare da questa sua costante effusione significa essere liberi, rinnovati e rinascere a vita nuova nella Chiesa e come Chiesa, per essere più fedeli al Signore Gesù, più coraggiosi nella testimonianza, più missionaria nel nostro slancio verso il mondo.

Lasciamoci trasformare interiormente dalla venuta dello Spirito di Dio per divenire strumenti della santificazione del mondo.

L’Ascensione di Gesù apre a nuovi e sorprendenti livelli di intimità con lui

Commento al vangelo della Domenica dell’Ascensione

Leggi il vangelo qui: Mt 28,16-20

Sono passati 40 giorni dalla risurrezione di Gesù. In questo tempo, Gesù ha accompagnato i discepoli in un viaggio interiore alla scoperta della sua nuova condizione di risorto e del suo significato.

Ora, però, anche questo viaggio è terminato. Ma per i discepoli non è ancora tutto chiaro.

Essi non riescono ancora a capire come la risurrezione di Gesù si relazioni alle loro vite, alle loro tante domande e soprattutto a quei sogni che si sono spezzati il Venerdì Santo sulla croce.

Ma questo non è più tempo di domande. È arrivato il momento che Gesù ascenda al cielo e prenda il suo posto alla destra del Padre. E alle domande che essi continueranno a fare, Gesù non risponde. Gli apostoli stanno ancora cercando una comprensione razionale del mistero. Ma i misteri divini non si possono “possedere” con la ragione. Inizia, invece, Il tempo di un nuovo rapporto nuovo con Gesù, il tempo della conoscenza per mezzo della fede.

Fede non è avere la spiegazione a tutto. È sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda del pensiero di Dio, sentire che Dio ha in mano il timone della storia e poi svolgere, ognuno, il proprio compito in questo tempo che si apre davanti a noi, consapevoli di essere sotto la guida dello Spirito Santo.

Davanti al timore che l’ascensione possa essere un allontanamento, un distacco definitivo di Gesù, egli dirà: “non abbiate paura, mai. Io sarò con voi, fino alla fine del mondo”. 

Questa grande promessa, però, non è detta solo per consolarci in mezzo ai guai della vita. È legata al mandato che Gesù dà ai suoi apostoli e a cristiani di ogni tempo: “Andate e fate miei discepoli tutte le nazioni, battezzandole…”. Il nostro compito non è solo credere che Dio esiste, ma essere cristiani che annunciano con la loro vita la fede in Cristo.

Sono passati 2000 anni. Abbiamo ancora tante domande e la nostra fede è sempre fragile. Preferiamo stare tranquilli nei nostri spazi protetti piuttosto che rischiare il giudizio o la derisione del mondo perché ci esponiamo ad essere annunciatori.

Il nostro è un tempo di missione a 360°. È tempo di affrontarlo con una rinnovata forza che viene dal vangelo, con la fiducia che Dio non ci abbandona e un grande amore per il mondo.

Preghiera di adorazione

Gesù,

mio Signore,

mio Dio,

mio re,

mio tutto,

io ti adoro.

(da ripetere diverse volte, poi, concludere con):

Abbi pietà di me peccatore.

Amen.

Preghiera per ricevere lo “Spirito della Verita”

Ascolta il vangelo: https://www.lachiesa.it/bibbia/cei1974/mp3/Gv-14.15.mp3

O Gesù,
mio Signore e mio Dio, mio tutto,
Tu hai rivelato ai tuoi discepoli che
solo la tua preghiera al Padre
può ottenerci il dono dello Spirito Santo.

Intercedi presso il Padre celeste, affinché
effonda su di me, in tutto il mio essere,
la divina presenza dello Spirito e dei suoi santi doni.

Gesù, tocca il mio cuore e cambialo.
Fa che io sia degno di riceverlo.
Fa che io possa sentire intimamente la sua presenza e la sua voce che mi parla di te, del Padre e di me stesso e svela il mistero della mia stessa vita secondo la verità di Dio.

Signore Gesù, fa che la sua venuta
ottenga per me nuova forza e coraggio
quando il cammino della vita si fa difficile
e la strada sembra svanire davanti ai miei occhi.

Io credo, Signore, nella tua promessa:
se io rimango in te, tu e il Padre rimarrete in me
e saremo una sola cosa, come tu sei una sola cosa con il Padre.

Fa che io rimanga in te e tu in me e il tuo Spirito
mi guidi come fuoco nella notte
affinché io non perda mai la strada, né la fede.

Amen

Lo Spirito Santo è inviato a parlarci di noi e del nostro peccato secondo uno sguardo di amore e verità

Commento al vangelo della VI domenica di Pasqua – Anno A

Ascolta il vangelo: https://www.lachiesa.it/bibbia/cei1974/mp3/Gv-14.15.mp3

Mentire è l’arte del diavolo. Egli mente si tutto. Mente all’uomo su Dio, per farlo apparire lontano, indifferente e crudele. Mente a Dio sull’uomo, per accusarlo e fare apparire inutili gli sforzi per redimerlo. Mente ancora all’uomo e gli offre una rilettura della sua vita in chiave fallimentare, per farlo sentire sbagliato, non all’altezza di ricevere il perdono di Dio.

C’è però chi ci offre una narrazione sulla nostra vita, secondo uno sguardo di amore e verità. È lo Spirito Santo.

Contrariamente al maligno (e a volte anche al nostro stesso Io), che può anche dirci cose vere sul nostro peccato ma sempre con una finalità di menzogna, per farci gettare la spugna e rinunciare a Dio, lo Spirito Santo, invece, che è lo “Spirito della verità” ci offre una narrazione del mistero su noi stessi che non ignora il male in noi ma lo illumina mettendo l’accento sull’infinita misericordia di Dio, a dispetto di quel male. Egli ci dice che il peccato non è la verità totale sulla nostra vita e che noi siamo amati da Dio di un amore infinito nonostante il nostro peccato.

«Se mi amate», dice Gesù, «osserverete i miei comandamenti». «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre».

Per ricevere il dono dello Spirito è necessario che Gesù preghi il Padre, perché lo Spirito Santo è puro dono. Noi lo possiamo invocare, e dobbiamo farlo, ma è solo la preghiera di Gesù che ci permette di riceverlo, a condizione di amare Gesù al di sopra di ogni cosa, di rimanere in intima comunione con lui e vivere secondo i suoi insegnamenti.

Il mondo, dice Gesù, quello che non riconosce Gesù come Signore, non può ricevere lo Spirito perché il suo cuore è chiuso a Dio. E le opere che essi compie non sono quelle dello Spirito.

In un mondo segnato dal progressivo tramonto di Dio noi dobbiamo far brillare la luce di Dio che è in noi. Dobbiamo attingere, con fiducia, alle sorgenti della fede e ricordarci che Gesù ci ha promesso:
«Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

Io sono la Via, la Verità e la Vita.

Commento al vangelo della V domenica di Pasqua Anno A (2023)

La prima lettura ci mostra una chiesa che cresce ogni giorno, piena di energia, con una forte carica missionaria e una grande carità.

È una chiesa molto diversa da quella nostra, in Italia e in Europa, dove Dio sta scomparendo e troppi cristiani si stanno abbandonando alla rassegnazione.

Tuttavia, anche la chiesa degli inizi visse momenti di crisi. Essa stava crescendo ma soffriva di disorganizzazione. C’era malumore fra i cristiani di origine pagana perché le loro vedove erano assistite con minore attenzione rispetto alle vedove degli ebrei.

Gli stessi apostoli cominciavano a trascurare la predicazione del vangelo per occuparsi di questioni organizzative. Il problema verrà risolto con l’istituzione dei diaconi, i quali si occuperanno dell’assistenza ai poveri mentre gli apostoli potranno dedicarsi nuovamente, a tempo pieno, all’annuncio del vangelo.

La chiesa degli apostoli ha appena scongiurato il rischio di non parlare più di Gesù Cristo e di diventare una sorta di agenzia di servizi sociali. Ma una chiesa che si occupasse solo del sociale, o di intrattenimento, e non annunciasse più il vangelo, sarebbe una Chiesa che ha perso lo Spirito Santo. Non avrebbe più ragione di esistere.

La chiesa degli apostoli, però, è una chiesa che nonostante le sue fragilità ha pregato insieme, ha cercato insieme le soluzioni e non cedette alla divisione. Essa si è messa in ascolto della parola di Dio la quale, quest’oggi ci dice: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede…».

Davanti alle difficoltà e alla tentazione dello scoraggiamento, quando sembra di aver perso la strada e di non trovare la direzione, Gesù ripete alla sua chiesa, a noi: «Io sono la via, la verità e la vita». Chi rimane in Cristo cammina con un passo certo, non si perderà, riceve da Dio ispirazione e sapienza e trova la vita vera.

Gesù “porta delle pecore”. Cosa significa?

Commento al vangelo della IV Domenica di Pasqua Anno A 2023

Ascolta il vangelo:

http://www.lachiesa.it/bibbia/cei1974/mp3
/Gv-10.1.mp3

La risurrezione di Gesù è il modo che Dio Padre ha scelto per aprire all’umanità le porte del cielo, dopo che erano state chiuse a causa del peccato originale.

Nel figlio risorto Dio si riconcilia col mondo. Egli costituisce il figlio stesso la “porta del cielo”. Gesù dirà di essere il “guardiano e, insieme, la Porta delle pecore”. Ma che significa? Significa che chi vorrà entrare nel Regno dei cieli e vedere Dio faccia a faccia, dovrà passare attraverso di lui. Senza Gesù non vi è speranza di salvezza. In lui tutto è trasformato e rinnovato.

Attraverso di lui, noi riguadagniamo anche l’accesso alla parte più profonda di noi stessi. Senza di lui noi siamo chiusi fuori da noi stessi, dal contatto con chi siamo veramente e non riusciamo a sentire la voce dello Spirito Santo che ci parla dell’amore del Padre da dentro la nostra anima. E finiamo col diventare schiavi di ogni paura che il mondo incute.

Attraverso Cristo noi ritroviamo anche l’accesso al cuore dell’altro, verso il quale troppo spesso siamo blindati, per diffidenza, mentre, invece in Cristo noi conosciamo l’altro nella sua bontà originaria e conosciamo Dio nell’esperienza della fraternità e della comunione. Senza la fraternità e la comunione, anche Dio resta soltanto una idea astratta.  

I ladri e briganti di cui parla Gesù sono coloro che si spacciano per guardiani, in nome di Gesù ma vogliono solo prendere il posto di Dio, fingendo la fede mentre le loro opere sono divisione, distruzione e morte.

A tutti, però, compreso mercenari e assassini, è offerta l’opportunità di tornare a essere figli, a patto di convertirsi e ritornare a Cristo.

Chi sperimenta nella propria vita la presenza del risorto desidera solo amarlo e servirlo nel prossimo, secondo la vocazione che ha ricevuto e desidera la pace e la riconciliazione con tutti. Conoscere Gesù come Porta delle pecore significa fare esperienza della Pasqua nella propria vita ed esserne testimoni davanti al mondo.

Solo l’incontro con il Risorto trasforma cristiani tristi in discepoli. Sulla via di Emmaus

Nelle domeniche di Pasqua fino a Pentecoste, le letture domenicali rappresentano una intensa riflessione sul significato della risurrezione di Gesù e della vita cristiana. Occorre anzitutto prendere coscienza che il più grande tesoro della nostra vita non è materiale; è la vita spirituale. Finché viviamo da cristiani immersi nella mondanità spirituale avranno sempre maggiore importanza le cose che davanti a Dio non contano nulla.

È questo che rende i discepoli di Emmaus incapaci di comprendere. Erano seguaci di Gesù, ma somigliavano a tanti credenti del nostro tempo che credono di credere mentre non credono, perché non hanno visto, e non hanno visto perché non si sono messi in ascolto. Vedono, dunque, Gesù, ma sono ciechi nell’anima. Non lo riconoscono.

Illustrando loro le Scritture, Gesù toccherà i loro cuori aprirà loro gli occhi e l’anima sulle cose che contano agli occhi di Dio. Il punto cruciale è che dovranno ascoltare. E il presupposto dell’ascolto è far religioso silenzio davanti all’altro che parla. Gesù li farà parlare finché ne hanno forza. Li ascolta in tutto, ma dovranno adesso loro mettersi in ascolto. Troppo spesso noi vogliamo essere ascoltati ma non vogliamo ascoltare. Non ci interessa cosa l’altro abbia da dire. I nostri giudizi sono già decisi e non siamo disposti a metterli in discussione. I “sentiti dire” e i lamenti della gente diventano, addirittura, il punto su cui fondiamo le nostre pretese di verità. Ma la domanda resta: in che direzione stiamo guardando?

Gesù, infatti, ha qualcosa da dire di diverso rispetto alle loro, alle nostre convinzioni. Solo l’ascolto profondo li trasformerà, ci trasformerà in discepoli.
Questo racconto straordinario ci pone delle domande cruciali: In base a cosa mi credo Cristiano? Su cosa si fonda veramente la mia fede?
L’incontro con Gesù è un evento spirituale ed è la dimensione spirituale dell’esistenza che dobbiamo dischiudere per incontrare il Risorto nella nostra vita.

Solo allora possiamo dire che la Pasqua è entrata dentro di noi.

Tommaso. Il suo dubbio. Le sue paure. Il dono della fede e il suo frutto: la pace

Commento alle letture della 2^ domenica di Pasqua Anno A

Ascolta il vangelo: www.lachiesa.it/bibbia/cei1974/mp3/Gv-20.19.mp3

Nella prima lettura, l’evangelista Luca descrive la comunità cristiana degli inizi. È una comunità che profuma ancora della freschezza dell’incontro con Gesù risorto, la cui presenza è sentita come brezza sulla pelle. Il Risorto è il respiro stesso della comunità. La pace, l’armonia, l’unità e l’ascolto della testimonianza dei pastori sono i tratti che identificano Chiesa.

Questa è la chiesa che duemila anni fa sconvolse il mondo ed è per essa che noi oggi siamo qui, a celebrare ancora la Pasqua del Signore.

La pace del Signore scende sulle paure umane e le scioglie. Purtroppo, noi facciamo parte di una generazione che ha confuso la pace di Dio con la “tranquillità” e il “quieto vivere”. E per questo sfioriamo una condizione di infelicità permanente.

Finché saremo nel mondo la vita non ci concederà mai tregua. La pace in Cristo consiste nel dono di saper stare dentro le tempeste del mondo e di sentire che è Dio che ha in mano il timone della storia e delle nostre vite. È una forza spirituale che guarisce nel profondo ed è frutto dalla presenza del risorto in noi.

Questa è anche la vicenda dell’apostolo Tommaso, di cui troppe volte si è messo l’accento solo sul dubbio, senza comprendere che il suo vero problema era la paura, quella che, con la morte maestro, tutto possa essere stato soltanto un inganno e un’illusione.

La tempesta dei giudei infuria attorno a quel cenacolo ma la presenza di Gesù risorto e il dono della sua pace risolve la paura di tutti, compreso quella di Tommaso, il quale cade in adorazione e fa la professione di fede più grande di tutto il Nuovo testamento: “mio Signore è mio Dio”.

Forse a questa professione noi non siamo mai pienamente arrivati. Piuttosto siamo rimasti a una idea di Dio come a colui a cui ci si può rivolgere solo quando se ne ha bisogno, e a volte come a colui con cui prendersela quando non ci concede quello che chiediamo. Ma questo non è il Dio di Gesù Cristo.

È Pasqua quando lasciamo che il Risorto scenda nelle profondità dei nostri abissi e gli si permetta di toccare le nostre ferite, quelle che vorremmo tenere nascoste, per guarirle. È Pasqua quando lasciamo che la pace del risorto trasformi la nostra vita.

Cristo ci dà il dono della sua pace. Tocca a noi, con questo dono, il compito di ridurre al silenzio, nelle nostre viscere, la violenza del mondo e far splendere, come nella comunità degli inizi la bellezza di una testimonianza pasquale, attraente e irresistibile.

Ma quanta strada dobbiamo fare?

E.C.

Fratel Biagio Conte quel giorno a Brolo. Un bambino mi disse: “Somiglia a Gesù”.

Anno 2016. Era in viaggio per Roma, per incontrare il Papa. Lungo tutto il suo pellegrinaggio arricchì la vita di chi lo incontrava.

Io ero impegnato fuori dalla parrocchia. Una telefonata del sindaco, Irene Ricciardello, mi avvisava che Biagio Conte era alle porte di Brolo e mi invitava a raggiungerlo insieme a lei, e fare con lui il tratto di strada attraverso la nostra cittadina.

Non fu possibile per me. Fu tutto così improvviso. Il sindaco gli andò incontro e lo raggiunse alla rotonda del centro commerciale. Io riuscì a raggiungerlo quando era già arrivato alla Chiesa e cercava il parroco.

Arrivato in chiesa, trovai una piccola folla e genitori che tenevano sulle spalle i loro bambini per fargli vedere l’uomo di Dio.

Non dette nessuna benedizione, un laico non ha questa facoltà ma ovunque passò, ebbe una parola e una carezza per tutti. Si inginocchiava davanti a tutti i sacerdoti che incontrava lungo la strada chiedendo la benedizione.

Non ho vissuto quel gesto come un privilegio personale. Quel giorno ci sentìmmo tutti piccoli. Compreso me. Mi sentivo piuttosto, in quanto sacerdote, parte di quella grande chiesa che, con tutti i suoi limiti e fragilità, avvolgeva col suo abbraccio il pellegrino missionario diretto a Roma.

Un bambino volle venire in braccio a me e mi disse: “Somiglia a Gesù”. È proprio vero che dalla bocca dei bambini viene la verità. Quella frase è così innocente mi scosse molto. Era vero. Quell’uomo somigliava a Gesù in ogni senso.

Quel giorno ci sentimmo più piccoli, più uniti.

Lascio alle foto il compito di raccontare le emozioni e la bellezza di un incontro.

don Enzo Caruso

Benedetto XVI, l’intervista inedita: «La Chiesa non è un’organizzazione per il miglioramento del mondo»

02 gen 2023

Alcune delle dichiarazioni rilasciate a Manfred Schell su Die Welt, che saranno pubblicate integralmente nell’Opera Omnia del papa emerito che sarà edita in primavera

Pubblichiamo uno stralcio dell’intervista inedita (in italiano) rilasciata nel 1988 da Joseph Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, a Manfred Schell, su Die Welt (traduzione di Pierluca Azzaro). L’intervista comparirà nel nuovo volume dell’Opera Omnia di Joseph Ratzinger che sarà pubblicato in primavera da Libreria Editrice Vaticana.

Lei ha denunciato la stanchezza della fede in Occidente. Quali sono le cause?
«Penso si tratti di una stanchezza che nel complesso risulti da una saturazione dell’esistenza di conoscenza e capacità di fare e nella quale emergono dubbi riguardo all’uomo stesso. Siamo talmente concentrati su questioni relative all’autoaffermazione economica e politica che la fede appare come un’offerta da aggiungere per così dire a forza da qualche parte. I dubbi su sé stessi portano alla fuga, al volere scendere. Ma qui sta anche la possibilità di una riviviscenza della fede, se dà risposte alle domande del proprio tempo».

La Chiesa deve diventare più attiva, più critica, forse anche più politica?
«Più attiva e più critica certamente. Negli ultimi anni la Chiesa è stata troppo occupata con sé stessa. Negli ultimi decenni la Chiesa in Germania in ambito politico ha fatto sentire con forza la sua voce — e a ragione — a favore dei valori fondamentali. È importante, ma non deve nascere l’impressione che la fede si esaurisca in una specie di moralismo politico. Il messaggio centrale di Dio, di Gesù Cristo, della salvezza temporale ed eterna deve nuovamente percepirsi di più, perché la Chiesa non è un’organizzazione per il miglioramento del mondo».

Resta da questione del se la Chiesa debba caratterizzarsi di più politicamente.
«È molto importante che la Chiesa non diventi essa stessa attore di uno gioco di forze politiche e in esso soccomba. Ma deve badare all’anima della politica, al suo fondamento etico».

fonte: https://www.corriere.it/cronache/23_gennaio_02/chiesa-non-eun-organizzazioneper-miglioramentodel-mondo-424a3680-8a5c-11ed-8b19-cdc718310dd5.shtml?refresh_ce

La preghiera…

Chi prega riceve grandi doni dalla sua preghiera, prima ancora di ricevere quello che chiede. La preghiera calma i turbamenti dell’anima, assopisce la collera, scaccia la gelosia, spegne la cupidigia, diminuisce e inaridisce l’attaccamento ai beni di questa terra, procura allo spirito una pace profonda.

San Giovanni Crisostomo

Riconoscere pubblicamente Gesù

È in quel “pubblicamente” la chiave per risolvere le crisi dei cristianesimo nel mondo moderno, imprigionato nei confini stretti di ciò che è solo utile all’individuo atomizzato.

Essere sensibili ai segni di Dio

C’è bisogno di una grande sensibilità interiore per vedere nella vita concreta i segni che il Signore ci manda per indicarci la strada verso la libertà. Sono segni che ci conducono nelle nostre profondità per scoprire le nostre prigioni e le vie di uscita, per metterci in ascolto di noi stessi e dello Spirito di Dio. Chi crede di possedere già la libertà si preclude tutto: il fascino della scoperta dei segni della presenza di Dio, il dialogo con il proprio Sé, il dialogo con lo spirito di Dio, il cammino della liberazione e l’esperienza della rinascita. Ma per chi si abbandona a tutto questo l’esperienza della rinascita rappresenta l’inizio di una nuova vita.

“«In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio».” (Gv 3,3)

La ragione e la compassione

Per avere ragione, non basta avere ragione. Bisogna saper andare oltre la ragione ed entrare nel campo dell’empatia e della compassione. Quando ci sei entrato, scopri che non è più importante avere ragione. Sei entrato dentro una verità più grande di te e che ti illumina di una luce più bella della sola ragione.

La fantasia dello Spirito Santo che ci fa conoscere Cristo

La vita cristiana è segnata dalla continua sorpresa dello Spirito che ci fa vivere l’incontro di Gesù in modi sempre nuovi e soprattutto al di là delle nostre pretese e convinzioni. Senza lo Spirito non vi è né incontro con Cristo né conoscenza di lui.

Quando abbiamo la pretesa di conoscere Cristo abbiamo reso inutile l’opera dello Spirito. Gli abbiamo tolto la libertà di giocare con la sua fantasia di disegnarci nuovi linguaggi, nuovi alfabeti per parlarci di Cristo e di farci vivere una esperienza dell’incontro con lui che sia nuova ogni volta, ognuna come se fosse la prima, l’ultima e l’unica.

Senza lo Spirito scompare la bellezza e la fantasia della fede e rimane solo la freddezza dei dogmi, della dottrina, delle norme, delle regole, rimane il funzionalismo dell’organizzazione, rimangono i rigidi comportamenti e scompare la creatività, la bellezza dell’incontro e del calore umano. Rimangono i cristiani attaccati ai loro interessi e slegati dalla bellezza del vangelo e dalla sua potenza. La fede così non è più attraente.

Possiamo celebrare le liturgie più spettacolari e costruire le basiliche più sontuose ma la vita cristiana non è in queste cose. La vita cristiana è dove divampa il fuoco dello Spirito, dove lo Spirito è Signore che dà la vita ed è lasciato libero di prendere l’iniziativa e tracciare nuovi sentieri inesplorati. Egli ci attira in questi sentieri nei quali è lui a indicare la direzione e non noi, e ci porta dritto nel cuore dell’incontro con Cristo.

Noi possiamo trovare Cristo solo se ci arrendiamo allo Spirito e accettiamo di adorare Dio in spirito e verità.

La vita è cambiamento

La vita è cambiamento. Non c’è nulla di statico ne vi può essere. È un fatto di natura. Mentre lo stiamo pensando il nostro corpo sta cambiando. Vecchie cellule muoiono e ne nascono di nuove per dare corso a quella forza cosmica che spinge a rigenerare la vita che è in noi. La natura, dunque, è un’energia che si muove in direzione della vita. Vuole la vita. La natura è vita.

Anche nella nostra mente ci deve essere cambiamento. La vita non è mai uguale a sé stessa. Cambiano gli equilibri, si evolve il nostro rapporto con l’esistenza e con il mondo attorno a noi. La differenza è che ciò che avviene nel nostro corpo (pensa alla forza del respiro o ai battiti del cuore) è al di là del nostro controllo. Accade. E noi esistiamo.

Quello che accade nella nostra mente, invece, dipende da noi, da quello che vogliamo essere, da come vogliamo essere. Se non si evolvono i nostri pensieri, il nostro modo di pensare, se non cambia il rapporto con il modo in cui percepiamo gli eventi della vita passata e presente e quelli che devono ancora accadere, se questo cambiamento non ci apre a orizzonti positivi, luminosi, rischiamo di restare prigionieri di noi stessi, tra giudizi che restano uguali a sé stessi nella tempo e diventano la nostra tomba.

Si cambia perché non siamo la versione migliore di noi stessi e possiamo, dobbiamo voler crescere, a qualsiasi età e in qualsiasi condizione.
Si cambia per esistere.
Si esiste per godere del dono di esistere.
E quando si percepisce la vita come un dono, si comprende che ne abbiamo una sola e va vissuta per allargare agli altri la stessa gioia di esistere.

Credo che questo sia il dono e, insieme, il dramma dell’uomo del nostro tempo, di ogni tempo. Ognuno sceglie chi e cosa vuole essere. Quindi ognuno sceglie se cambiare. Oppure non sceglie. Oppure sceglie che non ha bisogno di cambiare.

L’amore vale sempre la pena

“L’amore richiede tempo ed energia. Ma oggi ascoltare chi amiamo, dedicare il nostro tempo ad aiutare l’altro nei momenti difficili, andare incontro ai suoi bisogni e desideri più che ai nostri, è diventato superfluo: comprare regali in un negozio è più che sufficiente a ricompensare la nostra mancanza di compassione, amicizia e attenzione. Ma possiamo comprare tutto, non l’amore. Non troveremo l’amore in un negozio. L’amore è una fabbrica che lavora senza sosta, ventiquattro ore al giorno e sette giorni alla settimana”.

Zygmunt Bauman.

Pensieri per una vita bella

Vivi il presente come un dono, con semplicità e gratitudine.

Qualunque cosa tu faccia, fai con amore; fai per amore.

Non angosciarti per nulla.

Le sofferenze del passato sono una storia finita. Non c’è nulla che tu possa fare per cambiarle. Lasciale nel passato e lascia il passato alle tue spalle. Il passato non ti appartiene più.

Non lasciarti agitare dal futuro perché non c’è nulla che tu possa fare per controllarlo e dirigerlo dove vuoi tu. Fa bene ciò che ti è chiesto oggi e avrai posato un mattone per costruire un giusto futuro.

Non caricarti di pesi che non puoi portare. Pensa solo a quello che devi fare qui e ora e fallo con serenità e dedizione.

Fermati quando senti che non ce la fai. Concediti lo spazio e il tempo necessario per riprenderti.

Non agitarti per nulla. Non c’è nulla che ti possa cambiare se gli altri non vogliono, allo stesso stesso tempo, che cambi qualcosa.

Non caricarti di problemi che non ti appartengono e che non puoi risolvere. Dà, semmai, il tuo giusto contributo, spronando gli altri a fare altrettanto.

Non darti obiettivi troppo alti. Nessuno ti chiede di fare l’eroe. Persegui obiettivi alla tua portata. È con essi che potrai fare una differenza.

Non sottovalutarti e non accontentarti di obiettivi al di sotto delle tue capacità. Non sarai capace di dare un significato alla tua vita.

Non sottovalutare il potenziale di bene che c’è in ognuno. Dagli spazio: chi vuole lo esprimerà.

Non agitarti davanti all’indifferenza e alle resistenze degli altri.

Non permette a nessuno, mai, di farti sentire sbagliato.

Non abbandonare nella solitudine chi ti chiede di stargli accanto e non fare promesse che non puoi mantenere.

Non essere indifferente al dolore dell’altro.

Non compiacerti mai del dolore di chi ti ha fatto del male.

Ricordati che nessuno può farti del  male se non sei tu a permetterglielo.

Tieni lontana ogni persona tossica e conflittuale e non lasciarti imprigionare in conflitti e disordini che non ti appartengono.

Allontana dalla tua vita e dalla tua mente ogni persona e cosa che mirano solo a distruggere la tua serenità e la tua persona e non sentirti in colpa.

Individua i perimetri di ogni zona di conflitto e stanne lontano. Non ingaggiare in conflitto con nessuno e non lasciarti trascinare dentro le zone di guerra degli altri.

Libera la tua mente da pensieri negativi e ricorrenti che ti portano angoscia. Per farlo dedicati a qualcosa di bello e che ti fa star bene.

Non fare mai del male a nessuno. Se lo hai fatto, chiedi perdono.

Siamo tutti fragili nella nostra umanità. Se sbagli ammettilo, senza rimorsi, e chiedine scusa.

Se vuoi fare pace con qualcuno considera se sia opportuno che tu faccia il primo passo. Ciò che importa non è che l’altro accetti la tua pace ma che tu l’abbia chiesto.

La tua vita è un dono. Vivila con entusiasmo e con senso di responsabilità.

Sii generoso secondo le tue capacità, metti sempre una parola di pace e opera sempre per la giustizia.

Tutto ciò che non riesci a gestire e che rischia di frantumare la tua vita mettilo in Dio. Consegna tutto a lui e abbandona te stesso in lui. Lasciati portare da lui.

Sii sempre un’anima bella. Lascia sempre, ovunque tu vada, il buon profumo della tua anima e fa che tu sia il motivo per accendere il sorriso nella giornata di coloro che incontri.

Alla fine di ogni giorno fermati un attimo. Scrivi su un quaderno almeno una cosa bella che ti è capitata nella giornata e rendi grazie a Dio. Fallo ogni sera. Vedrai che anche nelle tempeste, non ci saranno mai pagine vuote.

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Non rendete a nessuno male per male… Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male”.
(Lettera di San Paolo ai Romani 12, 17.21)

Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”.
(Matteo 6,25-33)