Perché Gesù non guarì tutti i malati e perché non elimina tutta la sofferenza dal mondo?

Una società che smantella i sistemi di assistenza ai malati, considera diritto inviolabile l’aborto e specula sui costi delle cure è priva di compassione. In una società del genere l’uomo è il problema mentre il vero valore è l’accumulo della ricchezza. Una società così è destinata alla rovina”

Commento al vangelo della V Domenica del Tempo Ordinario – ANNO B

Ascolta il vangelo in formato audio QUI.

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Ai nostri occhi, la guarigione della suocera di Pietro, ammalata di febbre, forse non sembra così un fatto così importante. In fondo era solo una febbre. Ma dobbiamo ricordare che ancora oggi, in diverse parti del mondo, e fino alla prima metà del secolo scorso in Italia, di febbre si moriva.

Fra l’altro, per “febbre” si intendeva qualunque male sconosciuto alla medicina e che poteva uccidere anche nel giro di poche ore.

Cerchiamo, quindi, di capire il senso ultimo di questa guarigione e di questa giornata davvero particolare, di cui si dice che Gesù ha compiuto tante guarigioni e liberato molti indemoniati.

Il vangelo ci rivela che lo scopo ultimo delle guarigioni non fu mai un mero “aggiustare” i malati o eliminare la fame del mondo, tanti che Gesù non guarì mai tutti i malati, in nessun luogo dove si trovava.

Ogni guarigione era un segno sia della potenza infinita di Dio ma di una potenza che, passando attraverso Gesù, avrebbe rivelato al mondo l’amore infinito di Dio, la sua compassione per il suo popolo e soprattutto la sua predilezione per gli ultimi, ossia coloro che la società di ogni tempo rende scarti umani perché improduttivi e quindi un peso, un ingombro.

Ebbene, questi scarti ora erano destinati a sedere a mensa con i principi del Regno di Dio.

Pensiamo a quello che sta succedendo nella nostra nazione: nel silenzio dei media si sta smantellando l’intero sistema sanitario nazionale. Uno dopo l’altro ospedali importanti per la loro funzione specialistica stanno chiudendo perché mantenerli costa troppo.

Una società che si prende cura dei suoi malati è una società che ama. Significa avere compassione. Significa aiutare il malato a fare il suo incontro diretto e personalissimo con Gesù, perché il vero miracolo non sta nella guarigione fisica. Sta nella nascita della fede in Cristo e la salvezza, e la redenzione che scaturisce da questo incontro.

Gesù non ha eliminato tutta la sofferenza del suo tempo ma, prima di ascendere al cielo, affida alla Chiesa il mandato di continuare questa missione, quindi, guarire anche i malati. E considerando che la gran parte delle malattie e perfino delle calamità naturali, come l’insorgenza di malattie è frutto dell’opera dell’uomo, è responsabilità dell’uomo cambiare cuore e guarire l’umanità malata e riparare un pianeta malato.

Noi siamo chiamati a prenderci cura di chi soffre, di non voltarci dall’altra parte, di essere noi le braccia del Padre che raccoglie nella compassione i suoi figli e impregnare il mondo proprio di quella compassione che così tanto manca al mondo.

Dio ci ha dato l’intelligenza e ci ha dato la capacità della compassione.

È nostro il compito di sollevare gli uomini di ogni tempo dalle loro sofferenze e di eliminare la fame e le guerre dal mondo.

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