“Fare la comunione”. Il mistero dell’Eucaristia nella vita cristiana.

Commento al vangelo della Solennità del Corpus e Sangue di Cristo 2023 – Anno A

Ascolta il vangelo QUI.

Quando mangiamo il corpo di Cristo noi usiamo l’espressione “fare la comunione”. Mentre il sacramento fondamentale è il battesimo, perché da esso scaturisce il dono della salvezza e l’entrata, appunto, nella comunione con Dio – con il Padre, per mezzo della carne del Figlio, mediante l’opera dello Spirito Santo che prende dimora e abita in noi – mangiare il corpo di Cristo è il sacramento che ci eleva al più alto grado di comunione con Dio possibile, qui, sulla terra, tenuto conto della nostra condizione mortale.

Ma che significano, precisamente, le parole “fare la comunione”? Siamo abituati a pensarle solo in riferimento al corpo di Cristo.

Facciamo alcune considerazioni: Fare la comunione non è primariamente un gesto che facciamo noi per Dio. È un gesto che Dio fa per noi. È accogliere il dono della vita divina, per mezzo della carne del figlio di Dio, dentro di noi. È, anzitutto, accogliere il dono di Dio, su iniziativa sovrana e totalmente libera di Dio. Di solito, fra chi mangia e quello è mangiato, il primato lo detiene chi mangia. È questo il dono di Dio. Un dono inconcepibile e incomprensibile alla sola luce della ragione e del pensiero. Gesù, il Signore di tutte le cose, si fa cibo, si abbassa fino a chiedere di essere mangiato, per elevare noi allo status divino.

Nelle religioni antiche e in molte di quelle non cristiane di oggi, è la divinità che chiede di mangiare, che, cioè chiese “cose”, che esige il sacrificio dei suoi sudditi, che ha bisogno della riduzione dei suoi sudditi allo stato di cibo da divorare per esistere.

Quella ebraica prima, e cristiana dopo, rappresentano, ancora una volta, la più grande rivoluzione spirituale dell’intera storia dell’umanità.

Non importa se noi abbiamo ridotto la comunione eucaristica a un gesto devozionale per assicurarci la protezione divina. Ciò che importa è che Dio si offre a noi. Lui, facendosi cibo, rinuncia ai nostri inutili sacrifici ed eleva noi fino al cielo col suo sacrificio.

Il mistero di cui parliamo è grande.

In secondo luogo, mangiare il corpo di Cristo è l’atto culminante della vita cristiana. Prima di mangiare il suo corpo bisogna aver mangiato il pane di ogni parola che sia uscita dalla sua bocca. Bisogna nutrirsi del pane vivo disceso dal cielo che è la parola stessa di Dio, senza la quale la comunione eucaristica rischia di ridursi a un gesto meramente devozionale, se non addirittura superstizioso. Parola di Dio e Pane eucaristico sono il nutrimento spirituale che tiene in piedi la nostra vita spirituale e la alimentano. Sono il cibo quotidiano di cui abbiamo bisogno – senza del quale non possiamo vivere – per santificare le nostre vite e santificare, con le nostre vite, il mondo.

Infine, “fare la comunione” significa entrare, per mezzo del corpo eucaristico di Cristo, in comunione con i fratelli e sorelle in Cristo e tutti gli uomini e le donne del nostro tempo. È nella comunione con gli altri, quella che genera la Chiesa, che la comunione eucaristica esprime tutta la sua potenza spirituale.

Uno dei mali più diffusi ai nostri giorni è la pretesa di una comunione individuale con Dio che non considera importante il nutrirsi del pane della Parola, dell’Eucaristia e del “fare comunione” col prossimo. Gesù ribalta tutto e ci insegna cosa significa l’Eucaristia: è l’amore ad oltranza dato gratuitamente, senza contro-richieste, anche quando l’amore non è stato corrisposto o è stato addirittura tradito.

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