Giovanni Chifari – Dpsa 16 settembre, 2014
I poveri li avrete sempre con voi (cf. Mc 14,7; Gv 12,8). Le parole del Maestro, di Colui che ha svuotato se stesso (cf. Fil 2,8) per farsi servo e povero tra i poveri (cf. 2 Cor 8,9) e inizierà il suo ministero terreno fra gli hammei ha aretz “i poveri della terra”, delineano il profilo di una Chiesa, che come ha auspicato Papa Francesco, intende essere “povera per i poveri”.
In un tempo di maggiore consapevolezza della corresponsabilità dei laici alla missione della Chiesa, non mancano le testimonianze profetiche che provocano le nostre coscienze e interpellano il livello della nostra conversione.
Fra le diverse segnalazioni, intendiamo qui parlare di quella di Biagio Conte, laico, che nel 1993 ha fondato a Palermo la missione “Speranza e carità”. Oggi, 16 settembre, giorno in cui il missionario compie 51 anni.
Una scelta frutto di un intenso cammino spirituale, che lo ha visto nel 1990, all’età di 27 anni, lasciare il lavoro all’impresa edile di famiglia per la vita eremitica nelle montagne siciliane. Successivamente andrà a piedi in pellegrinaggio ad Assisi, per cercare luce e conforto presso il Poverello stigmatizzato. Al suo ritorno a Palermo, diviene chiaro il progetto. Il Signore non gli chiedeva di partire missionario per l’Africa ma di essere missionario presso il popolo palermitano e quanti versavano in situazioni di marginalità. Si farà povero con i poveri, abitando con loro presso la stazione centrale del capoluogo siculo, condividendo il loro disagio, la loro marginalizzazione. Ben presto si uniranno alcuni volontari. La difesa dei diritti dei poveri, gli scioperi e le richieste, porteranno qualche anno dopo la concessione di alcuni locali in Via Archirafi, dove sorgerà la missione che oggi ospita centinaia di poveri. Una diaconia della speranza, che solleva chi è nella polvere e rialza chi è oppresso e sfiduciato, ma anche di carità, di aiuto concreto perché nel povero c’è Cristo.
I poveri con la loro oppressione e marginalizzazione, con lo scandalo umano e sociale che vivono e testimoniano, non solo a livello civile ma anche sul versante ecclesiale esercitano un’opera di risveglio della memoria, rafforzando la consapevolezza di un’identità, come auspica Papa Francesco, da vivere in modo più autentico. In un certo modo essi sono strumenti della grazia divina, contribuendo a quella fastidiosa opera di puntellamento di una coscienza troppo assopita che a volte tende a manifestare tutto il suo disagio nel legare insieme i valori percepiti con chiarezza nella fase del discernimento con la scelta dei comportamenti corrispondenti sul piano etico.
A riguardo scrive Léon Bloy, commentando un noto passaggio evangelico: «“Voi avrete sempre dei poveri fra di voi”. Dopo l’abisso di questa parola, nessun uomo ha mai potuto dire che cosa sia la povertà… Quando si interroga Dio, egli risponde che è proprio lui il Povero: “Ego sum pauper”» (Léon Bloy, La donna povera, II, 1). L’unione con Dio, ci fa allora poveri. Essa si manifesta gradualmente attraverso la conversione, l’esser trovati umili (cf. Lc 1,48), la spoliazione e l’abbassamento che rendono la preghiera del discepolo, una preghiera povera: «La preghiera del povero attraversa le nubi né si quieta finché non sia arrivata» (Sir 35,21). Ogni certezza e consolazione proveniente da una giustizia terrena, essendo paragonabile al valore quasi idolatrico di una ricchezza, e occupando ogni spazio nel cuore (cf. Mt 6,21), rallenta l’opera di conversione. A chi confidava nelle ricchezze, giustamente il profeta Amos può gridare: «Guai agli spensierati di Sion e a quelli che si considerano sicuri sulla montagna di Samaria!» (Am 6,1). Gli spensierati sono appunto i ricchi e i potenti che non considerano il grido dei poveri.
6aUna Chiesa povera per i poveri, come auspica Papa Francesco, vive allora in una permanente spiritualità eucaristica. Guidata dalla sana e costante custodia della Parola, riesce a riconoscere il sacrificio di Cristo e lo vive come memoriale, trovando in questo mistero d’amore la sorgente della propria diaconia, imparando a dividere il pane con l’affamato, a introdurre in casa i miseri e senza tetto, vestire gli ignudi, senza trascurare nessuno (cf. Is 58,7). Un legame tra Parola, altare e servizio che, secondo le parole del Maestro, trova come paradigma ancora una volta i poveri.
«Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25,35-36).
L’oggi della missione
Dopo ventuno anni, proprio in questi giorni, di fronte all’indifferenza delle pubbliche istituzioni e dinanzi alla ricezione di una cartella esattoriale con un ingente debito da pagare, Biagio Conte ha deciso di lasciare la missione e tornare sulla montagna per pregare, per ricercare la comunione con il Signore, sul Monte Grifone, sopra la parte orientale della città. Lì cercherà di discernere la volontà di Dio in questi tempi difficili e complessi per quanti si trovano a convivere con una crisi sempre più avvolgente. È andato via non senza lasciare un segno. Si è caricato di una croce e ha attraversato a piedi la città, di fronte agli attoniti cittadini, fino a disperdersi sull’ascesa al monte. Un segno che intende scuotere città e istituzioni. Prontamente un equipe costituita dal Sindaco Leoluca Orlando, il Card. Romeo e altri hanno aperto un tavolo di trattative per farsi carico dei poveri della missione. Il Card. Romeo il 6 gennaio del 2011 ha consegnato alla Missione il decreto di erezione ad associazione pubblica di fedeli
L’accoglienza in Missione
la Missione accoglie ed assiste circa 800 persone grazie all’operato dei missionari: Fratel Biagio, Don Pino, Fratello Giovanni, Sorella Mattia, Sorella Alessandra e Sorella Lucia, alla collaborazione fattiva degli stessi fratelli e sorelle accolti e il grande aiuto di oltre 400 volontari.
Ogni comunità è dotata di una cucina e di una mensa dove vengono distribuiti tre pasti al giorno (complessivamente circa 2.400 pasti al giorno); è inoltre garantita un’assistenza medica e farmaceutica per tutti i fratelli accolti e dei servizi docce e vestiario per i tanti poveri che ogni giorno bussano alla porta della Missione.
Una Missione tre comunità
la Missione di Speranza e Carità opera in tre comunità: due destinate all’ accoglienza maschile e una per l’accoglienza di donne singole o mamme con bambini.Le strutture in cui opera la Missione si trovano a Palermo, vicino alla Stazione centrale, sono state trovate in uno stato di grave incuria e degrado, in quanto abbandonate e inutilizzate da decenni (alcuni locali erano dei veri e propri ruderi con il tetto crollato!). Gli stessi fratelli accolti e tanti volontari, gruppi e associazioni, con grande spirito di solidarietà hanno iniziato “una pietra dopo l’altra”, come insegna San Francesco, il restauro e la ricostruzione dei locali, trasformando dei ruderi, in case di accoglienza, pace e speranza.
Giovanni Chifari
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