Siete sicuri di aver capito cosa sta accadendo in Medio Oriente?

 

Marcello Foa – blogilgiornale.it 16 settembre, 2014

 

Siete sicuri di aver capito cosa sta accadendo in Iraq e perché Obama abbia dichiarato guerra all’Isis? Come sempre c’è la verità formale, quella sotto gli occhi di tutti, e quella sostanziale, che è molto diversa ma permette di cogliere, per chi lo desidera, cosa stia avvenendo davvero. L’Isis non esce dal nulla ma è un “mostro” religioso e militare che proprio gli Usa e alcuni alleati strategici come il Qatar e l’Arabia saudita negli ultimi due anni hanno incoraggiato e sostenuto. Fermi tutti e andiamo in profondità. L’Isis rappresenta l’evoluzione naturale dell’Isil ovvero di una forza estremista irachena su posizioni simili a quelle di Al Qaida che nel corso degli anni Duemila combatteva gli americani in Iraq a forza di attentati. Erano i nemici di ieri. Poi è venuto il tempo delle rivoluzioni colorate. Pacifiche e facili in Egitto e Tunisia, violenta in Libia. E in Siria, dove la protesta di piazza è stata subito repressa e la “rivoluzione popolare” si è trasformata in una guerra civile. Durissima, spietata e sporca. Combattuta da chi? Da eroici rivoltosi sunniti siriani? Solo in parte. Soprattutto da guerriglieri provenienti da altri Paesi, motivati dal denaro, dalla disperazione e dall’esaltazione religiosa; una forza composta dalle milizie che avevano combattuto in Iraq e che avevano contribuito a rovesciare Gheddafi, un’accozzaglia di fanatici ultrareligiosi e ammiratori di Al Qaida. Ovvero quell’estremismo terrorista che l’Occidente in teoria combatte dal 2001. Ma, si sa, le regole della politica internazionale non corrispondono a quelle della morale e le alleanze possono essere molto flessibili. Certi nemici, all’occorrenza, possono diventare amici.

E così è stato. Arabia Saudita e soprattutto Qatar hanno fornito aiuti finanziari, gli americani e verosimilmente i turchi assistenza militare e fornitura d’armi. A posteriori Hilllay Clinton si è addirittura rammaricata che l’aiuto fosse stato troppo timido. E nel frattempo l’America era stata sul punto di attaccare la Siria che era stata accusata da tutti di aver usato armi chimiche contro i ribelli, un attacco a cui si oppose con successo Putin con ottime ragioni: oggi sappiamo che a usare le armi chimiche furono proprio i ribelli che l’Occidente smaniava di soccorrere. Quali ribelli? Quelli dell’Isis. La guerra civile si è prolungata. Assad non è caduto e nella primavera del 2014 i guerriglieri dell’Isis, ben armati e ben finanziati, hanno cercato nuovi sbocchi. Hanno girato i cannoni e i blindati e ha iniziato a scorazzare verso sud ovest, puntando l’Iraq filoamericano, spingendosi fino alle porte di Bagdad e di Mosul; mentre l’America lasciava fare. Obama snobbava l’Isis – o più verosimilmente faceva finta – fino a definirlo una “squadra giovanile”. Della serie: non perdiamo tempo, sono delle giovani teste calde che non ci preoccupano.

Riassumendo: dei ribelli tacitamente sostenuti dagli americani e dai loro alleati attaccavano il governo di Bagdad amico degli stessi americani. Per lunghe settimane Washington ha lasciato fare, decidendosi tardivamente a sostenere il governo iracheno e decisamente controvoglia, ovvero con pochi raid. Intanto Qatar e sauditi continuavano a finanziare l’Isis. Nelle ultime settimane l’accelerazione, i media hanno iniziato a occuparsi quotidianamente dell’Isis, diffondendo storia umane agghiaccianti, storie di stupri, violenze, brutalità, fino a quando sono state diffuse le drammatiche immagini della decapitazione dei due giornalisti americani per mano di (supposti) occidentali convertiti all’Islam. E l’Isis è diventato improvvisamente il problema numero uno. L’opinione pubblica occidentale scioccata di fronte a immagini terribili e a un estremismo religioso che non può trovare giustificazioni, indotta a invocare una reazione forte contro i fanatici dell’Isis. La gente comune non segue le sottigliezze geostrategiche, non conosce gli antefatti, ma reagisce emotivamente a immagini “che parlano da sole”. E Obama, seguendo uno schema classico dello spin, ha risposto all’accorato appello di centinaia di milioni di americani giustamente preoccupati, annunciando una guerra che sarà naturalmente “lunga”, coinvolgendo nello sforzo finanziario proprio quei Paesi, Qatar e sauditi, che fino a ieri avevano finanziato l’Isis. Nuovo ribaltamento di fronte: gli ex nemici, diventati amici, tornano ad essere nemici; anzi molto nemici. Gente da annientare.

Risultato: questa zona del mondo a oltre 11 anni dalla Guerra Lampo che avrebbe dovuto liberare l’Iraq non solo non conosce pace ma vede divampare disordine, violenza e morte un po’ dappertutto: dalla Libia a Gaza, passando per l’Egitto, la Siria, l’Irak. E gli americani si trovano “costretti” ancora una volta a portare la liberazione, impiegando, in quello che appare un moto ormai perpetuo, la loro forza militare. La lotta al terrorismo è diventata una guerra perpetua al terrorismo. E una regione che fino a poco tempo fa era un baluardo di stabilità è diventata il focolaio di crescente instabilità, con conseguenze pesantissime per noi europei, che viviamo non lontano da quelle zone, e per tutti coloro – europei ma anche cinesi e indiani – che del petrolio mediorientale hanno bisogno. L’America invece di quel petrolio da qui a 6-7 anni non avrà più bisogno, grazie allo shale o il di cui dispone in grande quantità. Capito l’arcano?

Torturato e ucciso perché non si converte all’Islam

Non si converte all’islam: cristiano irakeno torturato e ucciso da miliziani dello Stato islamico

Da oltre tre settimane Salem Matti Kourk era barricato in casa per sfuggire agli islamisti. Terminate le scorte, egli è uscito in cerca di cibo ed è stato fermato, picchiato a morte e abbandonato in strada. Per il Patriarcato caldeo è “un altro martire, vittima della follia estremista”. Nella capitale un’autobomba uccide un giovane studente della comunità siro-cattolica.

 

AsiaNews 02/09/2014

 

Baghdad  – In Iraq nuovo sangue cristiano viene versato per mano delle milizie dello Stato islamico, che hanno avviato da tempo una “persecuzione continua” contro civili inermi, fra cui bambini. Fonti del Patriarcato caldeo riferiscono ad AsiaNews che ieri a Bartalah, una cittadina a maggioranza siriaca della piana di Ninive occupata da settimane, i fondamentalisti sunniti hanno torturato e ucciso un cristiano; egli era parte di un piccolo gruppo, che ha deciso di rimanere nelle proprie case all’arrivo dei miliziani jihadisti. Secondo quanto riferisce un testimone, il “martire” – come viene definito dal Patriarcato – è un uomo di 43 anni, Salem Matti Kourki, deceduto ieri in seguito alle torture e alle violenti percosse subite dai terroristi, per essersi rifiutato di convertirsi all’islam.

Uno dei familiari di Salem spiega che l’uomo, affetto da problemi cardiaci, non ha potuto abbandonare la cittadina di Bartalah assieme alla famiglia, al momento dell’invasione degli islamisti, l’8 agosto scorso. Egli è rimasto rintanato all’interno della propria abitazione per oltre tre settimane, alimentandosi grazie alle poche scorte accumulate nella dispensa. Ieri, 1 settembre, avendo terminato cibo e acqua, egli è uscito di casa dopo un lungo periodo per recuperare qualche genere alimentare con cui nutrirsi.

Tuttavia, egli si è imbattuto in un punto di controllo dell’Is di fronte alla chiesa della Vergine Maria, in pieno centro cittadino, ed è stato subito arrestato. I miliziani hanno cercato di convertirlo (a forza) all’islam, ma egli ha opposto un netto rifiuto. I fondamentalisti lo hanno picchiato e torturato, fino a provocarne la morte, per poi abbandonarlo in strada. Il suo cadavere è stato rinvenuto qualche ora più tardi da alcuni arabi della cittadina, che lo hanno prelevato e sepolto.

Per onorare al meglio la memoria del “martire” Salem, il prossimo 5 settembre nella chiesa siro-ortodossa di Oum El Nour ad Ankawa, sobborgo cristiano di Erbil, nel Kurdistan irakeno, si terrà una cerimonia funebre.

Intanto si contano nuove vittime cristiane anche nella capitale, Baghdad. Secondo quanto riferisce mons. Pius Qasha Khoury, della chiesa siro-cattolica di Mansour/Baghdad, uno dei parrocchiani è stato ucciso nell’esplosione di un’autobomba. L’ordigno è esploso nell’area di Bayaa, alle 9 di sera di ieri, primo settembre. Il prelato ha inoltre aggiunto che il giovane “martire” Fadi Nabil Ibrahim Abbush era nato nel 1994 e frequentava il secondo anno del college. Il ragazzo era conosciuto all’interno della comunità della capitale per il buon carattere, l’impegno e la partecipazione assidua – assieme a tutta la famiglia – alle attività della chiesa locale.