Gli uomini e le donne “capaci” di futuro. Hanno il dono di aprire varchi perché tutti vi passino

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Vi sono nel mondo persone che si distinguono in mezzo alle masse perché hanno

il dono di essere animate in modo non ordinario dalla virtù della speranza.

La speranza, a sua volta, si alimenta della fede.

Queste persone hanno il particolare dono di porsi davanti alle situazioni e, più in generale, davanti alla storia, proiettando sempre in avanto lo sguardo, rimanendo ancorati sempre nella realtà.

Persone del genere hanno il carisma di indicare e saper aprire varchi di futuro. Il mezzo per farlo è sempre la loro vita. Si mettono in gioco loro stessi.

Spesso per aprire tali varchi pagano il prezzo di tasca propria.

A volte sono derisi, più spesso rimarranno nella solitudine, considerati dei superbi e illuminati, e non di rado rimangono insanguinati dalle proprie ferite, contratte mentre scavano nella dura roccia dello scetticismo e dell’incredulità di coloro che credono di sapere di più.

Sarà per la loro fede e tenacia che altri potranno attraversare, un giorno, questi varchi e incamminarsi verso il futuro senza rimanere prigionieri né del presente nel del passato.

Sarà per loro che l’umanità conosce il progresso, soprattutto spirituale.

 

Ma la cosa più straordinaria è che anche coloro che non avranno creduto, o che per convenienza avevano scelto di non credere, potranno attraversare gli stessi varchi, e goderne i benefici.

Il dono più grande che spetta a coloro a cui è dato di aprire il futuro è l’umiltà.

Ed è qui che si distingue l’uomo di Dio dall’uomo comune.

L’umiltà è la virtù in forza della quale non si avrà mai la certezza di essere sulla strada giusta… di possedere la verità… anzi, è la virtù del dubbio.

È la virtù che riunisce insieme il dolore e il timore per la possibilità di condurre gli altri nell’errore…

e, allo stesso tempo, la serenità di agire mossi solo e soltanto nell’intento di perseguire la volontà di Dio e nessun altra volontà.

Vi sono persone che non proveranno mai questa sana inquietudine:

Il “potente”, troppo impegnato a credersi Dio;

Il “dotto”, troppo impegnato a sapere tutto per lasciare che la storia gli ponga domande che interpellino la conoscenza che ancora non possiede;

“L’illuminato”, troppo fanatico e trasportato dal suo stesso entusiasmo da fermarsi per riflettere… e chiedersi se possa essere in errore;

Il “mediocre”, troppo impegnato a consumare il quieto vivere per lasciarsi inquietare da domande sul futuro;

D’altra parte, nessuna di queste categorie è mai stata, per definizione, portatrice di futuro.

E.C.

 

 

Uomini e donne che hanno il coraggio di sperare nel futuro e nei cui occhi il futuro già splende come realtà

Non esiste futuro senza uomini e donne capaci di sognare e di mettersi in gioco per esso, sapendo che il futuro è nelle nostre mani; è ciò che noi decideremo che sia.

Non esistono persone capaci di mettersi in gioco per un futuro senza che abbiano una “visione di futuro”… Una visione che li accenda di passione e guidi il loro agire.

Non esistono persone con una “visione di futuro” che prima o poi non pagheranno per il coraggio di essere rimasti fedeli a una visione… ad una speranza, quando tutti gli altri calcoli lasciavano credere che sarebbe stato più …”opportuno”… rinunciare.

E se intere generazioni attraverseranno, un giorno, il varco verso il futuro, lo si dovrà alla testardaggine e alla tenacia di coloro che hanno creduto e che, credendo, hanno accettato di pagare di tasca propria, per primi, il pedaggio… Sapendo in ogni istante che il loro sogno poteva essere anche solo una illusione.

E cosa permette di distinguere il sogno dall’illusione? Una fede tenace, spesso sofferta, con la prova di molti dubbi ma umile e fiduciosa che Dio conduce la storia.

In memoria di padre Riccardo Lombardi sj (+ 14 dicembre 1979)

GOVERNARE IL FUTURO

ANTHONY GIDDENS

La Repubblica – 6 giugno 2012

Questo è il primo problema che abbiamo davanti guardando al nostro futuro. Una seconda serie di problemi sono i rischi globali che minacciano la sopravvivenza della nostra civiltà, o che come minimo potrebbero farla gravemente arretrare. Ne individuo almeno quattro: il cambiamento climatico, la crescita demografica, le armi nucleari (e mi riferisco in particolare alle potenziali conseguenze della questione iraniana), l’integrazione dell’economia mondiale (da cui deriva il pericolo di un collasso generale). A causa della carenza di una governance collettiva a cui ho appena fatto riferimento, il mondo reagisce a questi rischi globali cercando a malapena di contenerli, rinviando le decisioni più difficili, in sostanza provando a vivere alla giornata. Continuare così significa che, quando uno di questi rischi esploderà, sarà troppo tardi per riparare i danni.
Faccio solo un esempio, legato al cambiamento climatico. Ad esso è strettamente collegato il problema della sostenibilità delle risorse energetiche. Al ritmo attuale, sappiamo che a un certo punto si consumeranno e non potranno essere più rinnovate. Ma il ritmo attuale aumenterà vertiginosamente nei prossimi anni, se Cina e India, con una popolazione totale di 2 miliardi e mezzo di persone, cresceranno seguendo il modello di sviluppo occidentale, quello di una società guidata dal consumismo di massa. Una soluzione quasi obbligata, a mio avviso, è dunque la ricerca di un nuovo stile di vita e di un nuovo modello di crescita e di consumo, non solo ovviamente per i paesi emergenti,
ma per il nuovo sistema globale. Occorre pensare alla possibilità di un capitalismo non dominato esclusivamente dagli interessi industriali e finanziari e a un’economia più giusta.
Il 21esimo secolo sarà dunque un momento di crisi prolungate e di profonda riflessione, uno sforzo analitico e risolutivo a cui il mondo accademico e intellettuale dovrà dare il proprio contributo anche più del mondo politico. Ragionando sulla regione in cui viviamo, la crisi dell’euro è oggi all’ordine del giorno. Servono svariati interventi nel breve termine, ma nel lungo termine mi pare indubbio che per l’Europa non ci sia altro modo di andare avanti se non attraverso una qualche forma di federalismo. Obiettivo difficile, ma l’alternativa mi pare peggiore. E se si arriverà, come penso necessario, a questa svolta, allora la Gran Bretagna dovrà indire un referendum per decidere una volta per tutte se stare dentro l’Europa, come io da europeista convinto mi auguro, o starne fuori. Personalmente, nel dibattito tra ottimisti e pessimisti sul futuro del mondo, non sto né con gli uni né con gli altri. Dico solo che la percezione del rischio globale che ci minaccia può generare massicce innovazioni, sia a livello tecnologico sia a livello sociale, e su questo dobbiamo puntare. Tale dovrebbe essere anche lo spirito delle forze progressiste, che in Europa stanno tornando al potere, come si è visto in Francia, ma più per l’incapacità dei partiti avversari di affrontare la crisi che per meriti propri. La ricerca di una governance globale, in Europa e nel mondo, e di un nuovo modello di crescita e di una diversa “way of life”, dovrebbe essere il compito della sinistra in questo difficile secolo appena cominciato.