DA SBATTEZZATO A EVANGELIZZATORE

Crocifisso

Capello corto, barba incolta, occhio vispo e un abbigliamento decisamente alternativo, semplice ma fuori dagli schemi dettati dalla moda e dalla società. Ha una parlantina vivace e nell’ascoltarlo sembra di trovarsi di fronte a quegli oratori dell’antica Grecia che con zelo e passione affascinavano le piazze con il loro sapere. Quest’arte, a differenza di oggi che viene spesso affibbiata alla classe politica con un’accezione negativa, era un vero e proprio mestiere e Maurizio Elia Spezia oggi 34enne potrebbe essere uno di quei retori che lungo la strada della conoscenza ha fatto una vera e propria inversione di marcia.

All’età di 21 anni decide di andare a vivere da solo, lavora come metalmeccanico e cura il blog “Il bisbetico indomabile”, un nome che la dice lunga sul suo temperamento frizzante ed energico. In quegli anni, affascinato dal mondo della politica, delle ideologie moderne e da quanto i media proponevano come “verità assoluta”, Maurizio si allontana dalla Chiesa iniziando a nutrire un vero e proprio odio per essa. “Credevo non ci fosse nulla di buono, anzi al contrario ero certo che fosse un istituzione cattiva, che Dio fosse un invenzione e Gesù solo un personaggio che non avesse nulla a che fare con la mia storia”.

Così, mentre le domande nella sua vita si moltiplicavano e le risposte diminuivano, nel 2010 decide di compiere un gesto concreto per prendere definitivamente le distanze dalla Chiesa. Attraverso internet riesce ad ottenere dei moduli con i quali si può chiedere lo “sbattezzo”, si tratta fondamentalmente di una pratica burocratica che non ha il potere di togliere il sacramento ma permette alla persone che lo desiderano di rivendicare il proprio “ateismo”.

Dal momento in cui ha ricevuto la conferma del buon esito di questa procedura, in Maurizio inizia a farsi sempre più pressante il bisogno di approfondire quel desiderio di verità che lo animava e che si scontrava continuamente con un razionalismo spietato, non sempre capace di soddisfare la sua sete di senso. Intanto con alcuni giovani della sua età portava avanti il gruppo “Lo sai”, uno spazio dedicato a temi di attualità che aveva ed ha l’unico obiettivo di informare. E’ in questo frangente che avviene quella che Maurizio chiama una “conversione di logica”, uno schiaffo a chi ritiene che la fede sia solo una questione di rosari e preghiere; certamente ne fanno parte, ma la religiosità coinvolge l’uomo nella sua totalità, toccando non solo il cuore ma anche la mente. Preparando un tema che avrebbe dovuto affrontare con i suoi amici, intuisce di trovarsi di fronte ad una scelta profonda e radicale. “Dovevo scegliere da che parte stare, quale strada intraprendere, se quella del bene o del male”.

L’incontro con il Signore per Maurizio è avvenuto nell’intimità della coscienza: Dio lo attendeva ad un bivio, quella decisione che è alla radice della storia, dell’uomo e della sua esistenza. Una possibilità apparentemente banale ma potentissima nei suoi effetti. Così qualcosa in lui comincia a muoversi e gradualmente si risveglia nel suo cuore il desiderio di tornare alla Chiesa, quella stessa che aveva combattuto con forza sembrava essere ora il posto dove il bene, il sommo bene, aveva origine.

Nell’arcidiocesi di Milano conosce Don Piero, un sacerdote che accompagnerà lui e la sua fidanzata in un cammino di riammissione alla Chiesa Cattolica. Questo percorso culminerà il 13 settembre 2014, data in cui Maurizio, proprio come nella parabola del Figlio Prodigo, torna a casa da quel Padre che gli aveva lasciato prendere la sua parte di eredità: i talenti dell’intelligenza e della sapienza con cui in qualche modo ha cercato la felicità. Sperimentando che da solo però non era capace di trovarla pienamente, Maurizio, col passo di chi sa tornare si avvia verso “casa”.

Quel giorno è solo l’inizio di una conversione che quotidianamente si rinnova e che, come dice lui “non finisce mai”. Ha avuto inizio mettendo da parte l’orgoglio, di chi crede di aver capito tutto, e si è concretizzato affidando la propria vita nelle mani di Qualcun’altro. La speranza, sottolinea Maurizio “è quella di poter riuscire ad imitare Cristo” che ha saputo amare totalmente, fino alla fine.

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fonte: http://www.interris.it/2015/07/14/66297/posizione-in-primo-piano/schiaffog/da-sbattezzato-a-evangelizzatore.html

Lettera di un padre ateo alla figlia convertita al cattolicesimo

 

ateo

 

La lettera scritta da James Harrington, giornalista britannico agnostico e sposato con «una fervente atea», dopo la «coraggiosa» scelta della figlia: diventare cattolica

http://www.tempi.it/lettera-padre-ateo-figlia-convertita-cattolicesimo#.UvTJS0J5PmY

 

«Dio e la religione non hanno mai avuto un ruolo nella mia vita», almeno fino a quando «la mia figlia più grande non ha deciso di farsi battezzare e diventare cattolica». Comincia così la lettera ospitata martedì 15 gennaio dal quotidiano progressista britannico Guardian e firmata da James Harrington, giornalista inglese trasferitosi nel 2009 in Francia, «ateo tendente all’agnosticismo», sposato con «un’atea fervente».

TUTTO MA NON CONSACRATA. «Battezzato da bambino», James ha ben presto lasciato perdere la religione, anche se «ero d’accordo con mia moglie che nostra figlia avrebbe potuto scegliere la vita che voleva, tranne entrare nell’esercito e diventare consacrata». Poi la scoperta che voleva farsi battezzare. «Questa non sarebbe dovuta essere una grande sorpresa. In Francia l’abbiamo iscritta a una scuola cattolica, scelta solo perché un collega mi aveva rassicurato sull’eccellente qualità dell’educazione. E se devo essere sincero era proprio così, non ci siamo mai dovuti lamentare, anzi al contrario, avevamo tutte le ragioni per ringraziare il mio collega».

«CHE CORAGGIO MIA FIGLIA». A scuola la ragazza ha conosciuto la religione cattolica, attraverso l’ora di insegnamento facoltativa, e «chissà quanto coraggio le è servito per dirci quello che voleva. Era chiaro che la nostra coraggiosa e dolce figlia aveva riflettuto a lungo sulla fede». James e la moglie non l’hanno però lasciata andare senza prima discuterne: «Nostra figlia ci ha parlato della Genesi, della natività, della crocifissione di Gesù, del Paradiso. Noi invece del Big Bang, degli amici, della famiglia, del cibo, del coniglietto pasquale e della vita moderna».

«LA SUA CONVERSIONE CI HA CAMBIATI». «Ma dopo tutto questo e nonostante la nostra antipatia verso dio e la creazione, lei aveva ancora il coraggio di dirci in faccia e davanti al sacerdote che la nostra visione del mondo per lei non era sufficiente. Lei crede e voleva essere battezzata e voleva essere cattolica», continua James, che non è rimasto indifferente alla conversione della figlia: «Non posso negare che quello che lei ha detto a me e mia moglie ha cambiato il nostro percorso compiaciuto, indifferente alla religione e buonista».

«ANDRÒ CON LEI FINCHÉ POSSO». James descrive così le conseguenze della conversione della figlia: «Per me, questo significa viaggi regolari per assistere a “lezioni cattoliche”, andare a messa la domenica senza sapere quando alzarmi e sedermi, sperando che il prete non venga da me con il microfono durante la predica». Insomma, conclude il cronista inglese, «per me significa uno sforzo in più e per mia moglie una non piccola dose di frustrazione. Ma questo è tutto per mia figlia. Ha fatto un primo passo lungo una strada che, alla fine, dovrà percorrere da sola. Io andrò con lei finché posso, ma lei sa che è il suo viaggio. Sta andando dove io non posso seguirla. Spero solo che la prossima volta che prende una decisione definitiva per la vita, si ricordi di quando ci ha detto che aveva fede in qualcosa in cui non credevamo. E che noi abbiamo creduto a lei».

COMING OUT SPIRITUALE. La lettera di James ricorda in qualche modo la storia di Thierry Bizot, intellettuale francese che ha riscoperto la fede dopo l’incontro con l’«amore di un Dio non inavvicinabile, come credevo da piccolo, ma umano, reale». La sua vicenda, raccontata nel libro Catholique anonyme, è stata poi ripresa dalla moglie, Anne Giafferi, regista non credente, nel film L’amore inatteso, uscito nelle sale l’anno scorso. Il film non mostra solo come «una persona “normale”, nel senso di equilibrata e poco vulnerabile, possa, controvoglia, essere toccata dalla fede», secondo le parole di Giafferi, ma documenta anche l’esistenza di un pregiudizio anticattolico nella società che «rende difficile il “coming out spirituale”. La Chiesa cattolica è spesso percepita come vecchia, complessata, fuori moda».
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Zaccheo: uno straordinario caso umano

Zaccheo

Una delle caratteristiche più diffuse della crisi di transizione epocale del nostro tempo consiste nello scoprire che il senso della vita non può essere dato dalle ricchezze materiali. Ci sono valori molto più profondi che vanno scoperti e coltivati. Chi ha fatto esperienza di una vita centrata solo sul denaro e sulla soddisfazione dei propri bisogni individuali è destinato, prima o poi, a scontrarsi col vuoto dentro la propria anima. E dentro quel vuoto rischierà di fare una esperienza terrificante… di solitudine, di nullità e di vertigini. Dentro quel vuoto ci si può perdere. Solo chi ha provato il vuoto di una vita senza direzione né progetto sa veramente raccontare come l’irruzione inattesa di Cristo rappresenti l’attimo della propria rinascita… la “Buona Notizia”, nel senso di “sconvolgente…. incredibile… tanto grande capovolgere tutti i valori creduti fino a quel momento, e provocare un terremoto spirituale e un cambiamento di vita. Questa fu l’esperienza di Zaccheo. 

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ZACCHEO. Un ebreo. Membro del popolo eletto da Dio. Un popolo caduto sotto la tirannia dell’impero romano.

Un ebreo opportunista. Sceglie di approfittare della situazione e si vende ai romani.

Diventa capo doganiere, esattore delle tasse.

E’ furbo, astuto, cattivo…

Vede negli altri solo opportunità di profitto.

Rende contenti i romani perché sa come spremere fino all’ultimo spicciolo alle famiglie già immiserite e depredate dalla voracità dei dominatori.

Conosce i meccanismi dalla grande finanza del tempo e approfitta di ogni occasione per depredare e arricchirsi.

Ad un certo punto passa Gesù.

Uno stuolo di poveri, malati e disperati lo seguono.

Lui vuole vederlo. Ma senza alcuna intenzione di convertirsi.

E’ piccolo di statura…quasi ad indicare la bassezza della sua statura morale.

Sale su un albero. Poi… all’improvviso… sente la voce di Gesù rivolgersi a lui. Il corteo si ferma.

Tutto tace. la gente aspetta. Non capisce.

Gesù alza gli occhi verso i rami di un albero e tutti lo vedono.

Zaccheo sente chiamare il suo nome. E’ la voce di Gesù… la voce di Dio. “Voglio entrare a casa tua!”

Quella voce non solo entra nella casa di Zaccheo… ma squarcia il muro di immoralità e corruzione e penetra nella zone più profonde della sua anima.

Lo sconquassa. Lo tormenta. Provoca in lui una improvvisa e violenta crisi di coscienza.

All’improvviso Zaccheo vede passare davanti a sé le scene di una vita dissoluta, vissuta senza significato e da traditore verso il suo popolo. La crisi arriva al punto in cui esplode in pianto:

“O mio Signore. Restituirò tutto. Anzi, più di quello che ho rubato. Resterò povero e nei debiti ma non posso tollerare più i volti dei padri disperati ai quali ho tolto il cibo per i figli. Diventerò un benefattore… ma non mi chiamerò mai così, perché sto solo restituendo ciò che ho tolto e il di più che non ho tolto è per la gloria di Dio. Un uomo onesto. Ma non datemi mai il premio Nobel come benefattore dell’umanità.

Il solo fatto di averti incontrato è il mio premio… la mia salvezza. Non voglio altro”.

(E.C.)