L’ingrediente dell’inimicizia
La semina.
Si dice che chi semina vento raccoglie tempesta.
Ed è vero.
Si dice anche che chi non ha seminato non può pretendere di impossessarsi del raccolto degli altri.
Anche questo è vero.
Ma la parola più bella è sempre quella di Dio:
“Chi semina nelle lacrime mieterà con giubilo” (Salmo 126)
Nel seminare c’è sempre speranza. C’è sempre saggezza e c’è bellezza.
Aforismi… e se invece dicessimo…
Ho sentito dire:
“Io non perdo mai. O vinco o imparo la lezione”. (Nelson Mandela)
A chi usa spesso questo aforisma per ostentare la sua forza, la mia prima reazione è dire:
“Quante sconfitte e quanti fallimenti stai cercando di nascondere?”
Riflettendoci più a fondo, mi sento di dire:
“Sì. Perdo anche io. E’ inevitabile. Non vinco sempre. Mi sento più umano, più normale, se ammetto a me stesso che posso perdere. La verità è che perdiamo molte volte. Le lezioni di vita più importanti vengono quando ammettiamo con umiltà la sconfitta. Le vittorie più grandi le ho vissute rialzandomi e riprendendo la strada. Penso che chi non sa perdere sia una persona potenzialmente pericolosa.”
Il cammino del silenzio che porta alla pace
Il frutto del silenzio è la preghiera.
Il frutto della preghiera è la fede.
Il frutto della fede è l’amore.
Il frutto dell’amore è il servizio.
Il frutto del servizio è la pace.
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Santa Teresa di Calcutta
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DAL SILENZIO…
Silenzio interiore
Silenzio che ascolta e
dà spazio all’altro
nel profondo del proprio cuore
Silenzio che mette a tacere
la confusione che abbiamo dentro
NASCE LA PREGHIERA…
Preghiera respiro dell’anima
Preghiera profonda
Preghiera dialogo profondo
con Dio e con sé
Preghiera ossigeno
che rigenera la vita
Preghiera che accoglie
il dono di Dio dentro di sé
Preghiera che dilata
gli spazi dell’anima
con il respiro stesso di Dio in noi
DALLA PREGHIERA NASCE LA FEDE…
Fede come abbandono,
lasciarsi andare alla sapienza di Dio
Fede come adesione a Dio,
Fede come “sì” dell’anima all’Amore
Fede come accettazione
serena e gioiosa del nostro essere figli
Fede come discepolato,
camminare “dietro” al Maestro
Fede come gioiosa
arrendevolezza a Dio
DALLA FEDE NASCE L’AMORE…
Amore come palingenesi
di tutto se stessi in Cristo
Amore come nuova
relazione con sé stessi
Amore come nuova relazione con Dio
Amore come nuova relazione
con il prossimo, con i popoli e le culture
Amore come nuova relazione
con la natura e il cosmo
Amore come comunione universale
Amor come apertura di sé
al tutto di Dio e dell’umano
DALL’AMORE NASCE IL SERVIZIO…
Servizio come dono di sé
Servizio come vita “con” e “per”
Servizio alla gioia e alla fede di tutti
Servizio come dono di sé
nell’economia e nella cultura
Servizio come dono di sé nella politica
Servizio come dono di sé
nel campo proprio della propria vocazione
Servizio come dono di sé ai poveri
DAL SERVIZIO NASCE LA PACE!
Pace che deve essere desiderata perché avvenga.
Pace che deve essere costruita con la fatica,
col sudore e il sacrificio
Pace che nasce nel cuore
e diventa storia del mondo
E. Caruso
(Ispirato alla riflessione di Santa Teresa di Calcutta)
Parola e silenzio
*
La Parola.
Il dono più alto.
Con la parola l’uomo
si separa da tutte
le creature e
manifesta la consapevolezza
di esistere…
e comunica, esce da sé stesso…
tende le mani verso l’alto
e verso l’altro,
per entrare in relazione,
conoscersi e amarsi attraverso
il tocco gentile dell’anima.
*
Dono fatto all’uomo per
dare voce al creato…
per cantare le lodi del Creatore
che tutto ha fatto esistere
dal nulla.
*
Dono dato per edificare,
sanare, fasciare, guarire,
incoraggiare, consolare, unire,
illuminare, proteggere, custodire.
*
La Parola.
arma di distruzione di massa.
Spada che ferisce e uccide.
Arma che distrugge la fiducia,
indebolisce la fraternità,
separa gli uomini,
insospettisce gli animi,
confonde gli innocenti.
*
Arma che piega
e annienta la verità,
fomenta l’odio,
imbestialisce l’anima.
*
Arma in mano
a chi prospera
sulla sulla paura
e sulla morte dell’umano
che costituisce l’uomo.
*
Il Silenzio.
soffio di Dio che placa
le tempeste interiori dell’anima,
quieta i moti interiori
della violenza
e spegne il fuoco dell’odio.
*
Via della scoperta
della verità su di sé,
del senso della vita
e del proprio destino ultimo.
Corridoio che conduce
nelle profondità
dei propri abissi interiori.
Spazio che illumina sullo stato
spirituale dell’anima.
*
Il silenzio come spazio sacro,
spazio che dilata l’anima
e crea posto
per la parola amica dell’altro
e per la Parola onnipotente di Dio.
*
Il Silenzio come
grembo di gestazione
di una parola nuova,
capace di generare e rallegrare,
di sottrarre l’uomo alla bestialità.
Tabernacolo che custodisce
il germe di un mondo
assolutamente nuovo,
umano perché ri-umanizzato
dall’amore che scaturisce
da questo spazio sacro.
*
Il silenzio è la via della
riscoperta di Dio e del suo
amore eterno.
*
E.C.
*
*
“Solo il silenzio fascia di fecondità
le opere e i giorni dell’uomo.
E solo nel silenzio maturano
le crescite decisive della vita.:
la conversione, l’amore, il sacrificio.
*
don Tonino Bello, Vescovo
Il “silenzio totale”, inizio del “ricominciamento”
*
Il silenzio totale è un dono
molto speciale dello Spirito Santo.
È il dono di una quiete interiore
totale, che entra “in azione” dopo
periodi di profondo turbamento
e dopo certi periodi di vuoto e di
“mancanza” di parola.
*
Questa ultima fase sembra già
silenzio, ma non lo è.
*
È con il dono spirituale del
silenzio interiore totale che lo
Spirito Santo diventa attore
determinante di un “reset”
generale dell’anima.
*
Questo dono si riceve,
in genere, quando si è al termine
di un importante ciclo della
vita e all’inizio di una stagione
del tutto nuova.
*
È anche caratterizzato da un
abbandono spontaneo e totale
allo Spirito che è percepito
come presenza divina all’opera
per guarire e rinnovare l’IO
profondo.
*
È quello che chiamiamo:
“tempo del ricominciamento” .
È un tempo di potente rinascita
spirituale e di rigenerazione
esistenziale.
*
In questo tempo di
ricominciamento, la preghiera
profonda è lo strumento
più potente che permette di
sintonizzare l’IO con l’opera
dello Spirito di Dio.
Per questo è così
fondamentale imparare
l’arte della preghiera.
Resto convinto che l’amore è l’unica cosa che ci rimane
*
Resto convinto,
nonostante tutto,
che l’amore è l’unica cosa
che alla fine della nostra vita
ci rimane,
l’unico bene
su cui possiamo capitalizzare,
l’unico bene che dona la felicità
in questa vita,
l’unico per il quale
gli altri saranno felici
di averci conosciuto
e di averci avuto
nella loro vita.
*
Resto convinto che l’amore
non è solo uno scorcio di paradiso
portato su questa terra
ma è tutto intero il paradiso,
in tutta la sua bellezza,
che su questa terra
rende sopportabile
tutta la bruttura
che c’è nel mondo.
*
Così come resto convinto
che il disprezzo e l’odio
sono opera di chi costruisce
solo inferno, in questo mondo,
per sé e per gli altri,
perché non conosce l’amore vero,
l’amore di Dio
che muove tutte le cose
e fa nuove tutte le cose.
*
Non tutti possono amare di questo
amore. A tutti, però, è data la
possibilità di uscire dal proprio
inferno e conoscere nell’intimo
l’amore di Dio che è sorgente
di ogni amore umano.
Per amare di questo amore,
però, bisogna conoscere la
grammatica del linguaggio di Dio.
Vivere e morire per il Vangelo
C’è chi agita il Vangelo
come una bandiera
a scopi elettorali.
C’è chi al vangelo preferisce
mangiare, bere e divertirsi.
C’è chi del Vangelo
non gli interessa proprio nulla.
C’è chi si veste del Vangelo
ma sotto ha il vuoto.
C’è chi vive il Vangelo
con gli alti e bassi della vita.
E c’è chi per il vangelo
è disposto a vivere
e anche a dare la vita.
La battaglia più grande
C’è una battaglia che ognuno di noi combatte.
Su questa battaglia si gioca il compimento della nostra esistenza.
Nessuno può sfuggire.
Neanche le persone più apparentemente più tranquille.
È il cammino verso la conquista di noi stessi.
Il premio di questa conquista è la libertà.
Non c’è premio più grande.
Il dono dell’empatia e le sue potenzialità
Non puoi mentire ad una persona empatica, perché lei conosce già la verità.
*
Evita di mentire ad una persona empatica, perché lei conosce già la verità: un empatico, infatti possiede delle abilità uniche, che gli permettono di capire se menti o dici la verità.
Un aspetto interessante di una persona empatica, è che, grazie alla sua sensibilità, può diventare una sorta di “rivelatore di bugie”.
Un empatico ha la capacità di leggere le emozioni degli altri e sentire ciò che provano.
Poiché sono ben sintonizzati nel percepire e nel sentire lo stato emotivo complessivo di coloro che li circondano, quasi costantemente, gli empatici iniziano a sviluppare un livello profondo di “intelligenza interpersonale”.
L’intelligenza interpersonale è la capacità di comprendere e interagire efficacemente con gli altri.
Implica una comunicazione attiva verbale e non verbale , l’abilità di cogliere le differenze, le esigenze, le paure, i desideri nascosti, gli umori e il temperamento degli altri.
Riguarda anche la capacità di creare situazioni sociali favorevoli e di promuovere modelli sociali e personali vantaggiosi. (È presente in maggior misura in politici, leader, imprenditori di successo, psicologi).
Però, questa capacità, può diventare frustrante per un empatico.
Spesso accade che le persone intorno a lui, anche quelle più vicine, nascondano i veri sentimenti, le vere intenzioni e le motivazioni dei loro comportamenti. Si nascondono, cioè, dietro una maschera, un ruolo, un personaggio.
Un empatico in questo modo, entra in una sorta di conflitto interiore: si sente avvilito e deluso, perché spera in quella onestà, che raramente riceve.
Quando abbiamo a che fare con una persona empatica, è consigliabile dire la verità. Sono i migliori investigatori in circolazione e ti smaschereranno in 6 mosse:
1 – Sanno quando sei “falso”.
Non puoi nasconderti dietro un sorriso o indossare la maschera della felicità, quando in realtà, sei triste, amareggiato o deluso. O se provi sentimenti di invidia e gelosia.
Anche se credi di riuscire ad ingannare tutti, un empatico può percepire la falsità a chilometri di distanza.
2 – Sanno quando non “stai bene”.
Anche dopo aver detto “sto bene” un migliaio di volte, un empatico saprà e sentirà che stai tutt’altro che “bene”.
Tutto ciò che desiderano è la trasparenza dei sentimenti e delle emozioni. Se c’è qualcuno con cui puoi aprirti e fidarti, quello è un empatico.
3 – Ascoltano tutto.
Un empatico ascolta tutto, anche le cose che non dici.
Nota il modo in cui la tua voce si alza, rileva una leggera esitazione, registra il cambiamento di tono. Inoltre, sa esattamente cosa significa il tuo silenzio quando non dici nulla.
4 – Sanno quando non sei “autentico”.
Ognuno di noi ha una propria identità, unica e autentica. Molti hanno paura di mostrarsi per ciò che sono: per il terrore di essere giudicati, per il timore di non essere compresi, per l’angoscia di non essere riconosciuti o per l’ansia di non essere apprezzati.
Le persone empatiche vedono oltre, ma vedono, soprattutto, la bellezza che c’è in te e che tu non vedi.
5 – Riconoscono immediatamente le “persone negative”.
Una prerogativa delle persone empatiche è la capacità di riconoscere e individuare le persone negative. Quest’ultime, sono quelle che si lamentano sempre, che non gli sta mai bene niente, che generano conflitti, difficoltà inutili, drammi e caos.
Un empatico, creerà immediatamente dei confini e prenderà le distanze da chiunque tenti di portare la negatività nel suo spazio.
6 – Vedono “attraverso i tuoi occhi”.
Un empatico può vedere attraverso di te: nota se stai attraversando un momento difficile, se sei triste, angosciato, se stai male.
È in grado di guardarti negli occhi e di sapere realmente e vedere in profondità, esattamente come ti senti.
È in grado di guardarti negli occhi e di sapere realmente e vedere in profondità, esattamente come ti senti.
Quindi, è sempre meglio essere onesti e veri con loro. Perché non esiste nessun vero motivo o valida giustificazione, per essere disonesti con una persona empatica.
Sono gli individui più compassionevoli e premurosi di questo pianeta.
Un empatico ti capirà e non giudicherà mai né te, né la tua vita.
Fonte: https://www.giornodopogiorno.org/2019/02/27/non-puoi-mentire-ad-una-persona-empatica-perche-lei-conosce-gia-la-verita/
Quale educazione per quale mondo?
PENSAVAMO DI ESSERE IMMORTALI, DI AVERE IL MONDO AI NOSTRI PIEDI PER SEMPRE. INVECE NON ABBIAMO PIÙ TEMPO DA PERDERE.
UN SISTEMA ECONOMICO che specula sulla crisi mondiale e sulle paure della gente; che ci fa immaginare un futuro da incubo; che induce bisogni inesistenti e crea dipendenze per vendere i suoi prodotti; che guarda ai giovani solo come mercato da cui trarre guadagni; che specula sull’immigrazione e sui profughi; che distribuisce tra i ricchi i profitti mentre trasferisce sulla collettività il peso dei debito; che si nutre della povertà delle nazioni; vuole che i popoli siano divisi e spaventati, perché più facilmente sottomissibili e manipolabili; che sottrae nel silenzio gli strumenti della democrazia e della sovranità dalle mani del popolo; che promette oro nelle campagne elettorali e regala briciole in cambio di voti comprando le speranze e le anime di tanti ingannati; che ha svuotato la politica del suo significato trasformandolo in uno strumento per fare affari tra potenti; che distrugge gli equilibri della natura e non si cura del prezzo che dovrà pagare la prossima generazione; che pianifica dove, come e quando dovrà avvenire la prossima guerra, se dovrà durare un anno o un secolo, per attuare le proprie strategie di controllo di mercati mondiali; che guadagna vendendo armi ai paesi in guerra e a quelli in pace perché facciano la guerra; che usa le banche per prendersi il frutto del duro lavoro della gente e poi prestare loro il loro stesso denaro a interessi vantaggiosi; che costruisce autostrade nei deserti dei paesi del terzo mondo, bruciando i villaggi e i loro abitanti che si trovano di mezzo, in cambio del controllo sulle terre e le sue risorse……..
………NON PUÒ PROMUOVERE VERTICI INTERNAZIONALI PARLANDO DI PACE.
O SI CAMBIA O I NOSTRI FIGLI VEDRANNO COMBATTERE LE PROSSIME GUERRE PER IL CONTROLLO DELL’ACQUA POTABILE AL POSTO DEL PETROLIO.
E IL CAMBIAMENTO PARTE DALLA DIMENSIONE LOCALE:
dalla scuola d’infanzia, dalle classi di catechismo, negli oratori e tra i banchi delle chiese; nelle assemblee di condominio e in quelle delle associazioni, delle Onlus e delle ong; nelle aule consiliari e in quelle parlamentari; nei quartieri di ogni città paese e villaggio e nei mercati; nei programmi televisivi e nelle pubblicità, nelle classi di yoga e nelle palestre; nelle scuole calcio e sugli spalti degli stadi; nelle moschee e nelle sinagoghe…
TUTTO HA INIZIO DA COME INTENDIAMO FORMARE LE COSCIENZE E PER QUALE MONDO VOGLIAMO FORMARLE.
Per questo motivo abbiamo tutti più interesse a essere uniti che e restare divisi
La pace…
Il segno del cristiano
L’economista. Juvin: «Siamo schiavi del desiderio infinito»
Simone Paliaga martedì 4 aprile 2017
Le liberazioni dei costumi e il denaro come unico limite. «Senza morale però siamo privi di strumenti per scegliere». La questione della libertà secondo il saggista francese
Henri Matisse. “La danza I” (1909), olio su tela. New York, MoMA
«Solo la diversità delle culture, degli stili di vita salverà l’umanità dal naufragio dei sistemi viventi, se non della vita stessa. Mi sento in linea con Lévi-Strauss, l’inventore dell’ecologia umana, ma anche con l’enciclica Laudato si’, il testo politico del decennio » ammette l’economista e saggista francese Hervé Juvin per l’uscita da Gallimard del suo Le gouvernement du désir (pagine 276, euro 22).
Perché il governo del desiderio è una rivoluzione senza pari nella storia?
«Quasi tutte le culture e le civiltà avevano in comune il tentativo di limitare, controllare, guidare il desiderio. Dal buddhismo al cristianesimo si prevedeva il trasferimento del desiderio dalle cose di questo mondo alle cose dell’altro mondo, insomma la liberazione del desiderio dagli affari terrestri. Siamo la prima civiltà che si avvale di tutti i mezzi e mobilita tutte le risorse per eccitare, animare, moltiplicare il desiderio umano. Siamo la prima convinta che “il mondo ci appartenga”, quando la saggezza antica sosteneva che “il mondo appartenesse a Dio”».
In questo che ruolo gioca il desiderio?
«Il desiderio è proprio dell’uomo, che è insaziabile per natura. Ma non ha nulla a che fare con il bisogno o l’invidia. Desidero sempre ciò che un altro ha, può avere o dice di avere. Da qui il ruolo centrale della pubblicità nelle nostre società. Da qui l’importanza della rappresentazione, e del suo potere sulle nostre decisioni, dalla più banale alla più importante… dalla scelta di un dentifricio a quella della compagna o del compagno! Ne deriva un modo, inedito, di governare le nostre società di individui attraverso i desideri inflitti… desideri che un sistema finanziario, mediatico, mercantile infligge. Ma non funziona».
Perché?
«Ho cercato di mostrare come la passione amorosa precipiti nella banalizzazione industriale il desiderio sessuale, nella contrattazione tutti i rapporti umani, e come lo sfruttamento del desiderio l’ab- bia uccisa. Ormai non capiamo più Tristano e Isotta o Eloisa e Abelardo…»
Cosa significa che il governo del desiderio è una tecnica di sé?
«Il governo del desiderio, un tempo, spettava alla morale che se ne avvaleva per comandare i costumi e le pratiche del corpo. Le liberazioni dei costumi hanno posto la parola fine a tutto questo. Hanno aperto la strada al denaro, come unico limite al desiderio, e al suo simmetrico, la violenza. Denaro e violenza eliminano la morale sostituendola con ingiunzioni esterne e collettive, quelle dell’economia, della po-litica, della moda. Abbiamo barattato il potere di sé su se stessi con il potere di altri su se stessi. Un bel risultato delle decantate liberazioni individuali, spesso più implacabili delle antiche dipendenze. Dopo tutto, un tempo, si poteva peccare!».
Dunque le liberazioni, sessuale, dei costumi, dei consumi, non rimano con libertà.
«Dopo l’epoca delle liberazioni vediamo la nostre vite come fossero sugli scaffali del supermercato. Per dirla con Peter Sloterdijk siamo “maiali nel trogolo”. Tutto è possibile, ma come sceanzitutto gliere? Tutto è disponibile, ma come identificare ciò che è buono per noi? Come individuare quanto ci renderà più forti, più liberi? Siamo uno dei primi mondi che non ha modelli di vita buona. Allora la domanda diventa un’altra».
Quale?
«Chi ci libererà dalle liberazioni che ci distruggono? Che ci privano di qualsiasi potere su noi stessi e, in ultima analisi, della nostra libertà di costruire noi stessi? La libertà è altra cosa, non è un prodotto meccanico delle liberazioni».
Il trionfo del desiderio eclissa la politica come potere di sé su sé. Cosa intende?
«La gran parte delle società sono orientate verso la propria conservazione. Questo le legittima a porre vincoli, che consideriamo insopportabili, alle singole esistenze. Tutto qui. Ora la società degli individui ha realizzato tutte le liberazioni, sessuale, religiosa, morale, politica, e culmina con l’avvento del desiderio individuale o, meglio, del capriccio individuale. Peccato che il desiderio infinito rivolto a un mondo finito rischia di minacciare la sopravvivenza dell’umanità. Gli effetti più celebrati del liberalismo, lo sviluppo economico, l’esplosione demografica, la fuoriuscita dalla povertà, diventano fermenti di una guerra di tutti contro tutti, un ritorno alle origini di una guerra per il fuoco, l’acqua e la terra ».
E tutto questo ci isola…
«Non è il desiderio, è l’ideologia dell’individuo del diritto, preoccupato solo del suo interesse, del comfort e della soddisfazione, che promuove l’isolamento più radicale, perché bandisce la passione, il dono, la gratuità, e l’amore! I diritti dell’uomo fanno di ognuno il contabile del proprio interesse personale, mettono al bando l’oblio di sé e ogni slancio spirituale».
Come uscirne?
«Dicendo “noi”! Ritrovando la sicurezza morale, spirituale e fisica, che una forte identità fornisce. Insomma ritrovando la libertà politica che permette ai popoli di decidere del loro destino, una libertà valida solo se accompagnata dal riconoscimento di pari libertà per tutti gli altri popoli».
(Fonte: https://www.avvenire.it/agora/pagine/juvin)
La Pace è l’unica via (II)
Marcello, un uomo solo, morto solo e ritrovato in casa dopo cinque anni. Una tragedia che ci interpella.
Marcello era un uomo solo e in solitudine lo ha trovato sorella morte, cinque anni fa. In questi anni il corpo di Marcello è rimasto in casa senza che qualcuno si accorgesse della sua assenza. Senza che nessuno bussasse alla sua porta. Un uomo solo. Non era vecchio, Marcello, oggi avrebbe all’incirca 60 anni. Viveva a Cagliari. Ma perché si rimane soli?
Si chiamava Marcello. Era un uomo solo. Ed essere solo è terribilmente triste.
Un signore che non conosco mi ha recentemente scritto: «La solitudine a una certa età è orribile». Credo che sia orribile anche in età giovanile.
Marcello era un uomo solo e in solitudine lo ha trovato sorella morte, cinque anni fa. In questi anni il corpo di Marcello è rimasto in casa senza che qualcuno si accorgesse della sua assenza. Senza che nessuno bussasse alla sua porta. Un uomo solo. Non era vecchio, Marcello, oggi avrebbe all’incirca 60 anni. Viveva a Cagliari.
Ma perché si rimane soli? Certo, ci sono persone simpatiche che tutti vorrebbero avere come amiche, e altre con il carattere più spigoloso, più complicato, più introverso. Con le quali non è facile entrare il dialogo. Accade spesso, però, che se si riesce a penetrare in quella che sembrava essere una corazza, si scopre una persona bella. Magari solo più timida e riservata.
“Il fine è il primo nell’intelletto e l’ultimo a essere raggiunto” scrive Tommaso d’Aquino. L’amicizia, il buon vicinato, i rapporti con i parenti e i colleghi di lavoro sono valori da desiderare, volere, perseguire. Con caparbietà, volontà, spirito di abnegazione.
L’uomo è comunione. Gli altri non sono l’inferno, come qualcuno purtroppo ha scritto, ma lo specchio in cui mi rivedo. Gli altri mi sono indispensabili. Ma gli altri sono diversi da me. Il mio bisogno di dialogare, ragionare, progettare necessita della presenza dell’altro. I miei occhi vogliono contemplare la bellezza e niente è più bello dell’uomo creato a immagine di Dio.
Dobbiamo reimparare a tessere rapporti. “Ciascuno raccoglierà ciò che avrà seminato” dice san Paolo. È vero. C’è chi, per pigrizia o altro, semina poco o niente. Semina loglio e non grano. Magari semina grano ma dimentica di raccoglierlo al momento della mietitura. È tutto vero.
Ma è altrettanto vero che “chi ha ricevuto di più deve dare di più”. In tutti i sensi. Ci sono persone che hanno poca pazienza? Vanno aiutate. C’è chi non ha imparato a esercitare la prudenza? Occorre dargli una mano. O altri che per un nonnulla sono disposti a rompere una amicizia trentennale: occorre impedirglielo.
È probabile che chi resta solo al punto da non essere cercato per anni non abbia saputo amare. O ha ricevuto tante delusioni dalla vita che si è rinchiuso in se stesso come in una fortezza. Magari è affetto da disturbi psichici che gli complicano la vita.
Non conosco Marcello. Ma so che era un mio fratello. Che aveva il diritto di bere alla mia fonte. Che anche verso di lui avevo un debito da pagare. So che, come tutti gli esseri umani, avrebbe desiderato amare ed essere amato.
Penso che Marcello abbia atteso fino all’ultimo qualcuno che bussasse alla sua porta. Che il telefono squillasse e una voce cara gli dicesse: «Ti voglio bene».
È inutile, ingiusto, pericoloso, però, incolpare qualcuno. Chi si sente accusato ingiustamente, soffre. Non deve accadere. La sete di bene deve fare bene a tutti. Purtroppo le luci accese sui drammi della solitudine durano poche ore, poi ritorna il silenzio.
E invece occorre chiederci in che modo possiamo venire incontro a questi fratelli. Come aiutarli a non gettare alle ortiche l’anello che gli fu messo al dito dalla donna che gli disse “sì”. Come stargli accanto quando la depressione, nera come la pece, lo ha fatto prigioniero. Come andargli incontro quando la disoccupazione lo ha tagliato fuori dal mondo civile.
No, non archiviamo frettolosamente il caso.
Marcello non è solo un nome. Marcello è una persona. Marcello è l’emblema della solitudine che uccide. È il grido degli uomini e delle donne soli che ci stanno chiedendo aiuto. Magari a voce bassa e con lo sguardo spento. Lasciamoci interrogare. Senza paure e senza complessi di colpa, ma con il solo desiderio di fare meglio. Vogliamo che nei nostri paesi, nelle nostre città opulente e contraddittorie, nelle nostre parrocchie, nessuno abbia più a soffrire e a morire senza una parola buona sussurrata da una persona cara.
Gesù ci ha raccomandato di prenderci cura delle persone povere, bisognose di pane e di conforto, di farci voce dei deboli perché i potenti non li sfruttino a loro vantaggio, di visitare gli ammalati e i carcerati, perché sono i suoi amici più cari. Facciamolo. Non accada che la troppa delicatezza e il timore di invadere gli spazi altrui possano trasformarsi in una sorta di educata noncuranza.
(Fonte: http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/marcello-dramma-solitudine-fondo-patriciello.aspx)