Di Maria si dice troppo. Oppure non si dice mai abbastanza.

Per un verso, di Maria si dice troppo. Le si fa dire troppo. Anche cio che non ha mai detto e che non direbbe mai. Al punto da farle perdere il fascino discreto della bellezza che si ha contemplando la Maria dei vangeli. Ed è lì che occorre andare per riscoprire Maria, e per saper interpretare la bellezza della devozione che nei secoli è cresciuta nei suoi riguardi. Ricchezza oggi custodita nel cuore della Tradizione. Quando si radica il proprio sguardo nei vangeli, si scopre una Maria più vera. E di questa Maria non si dice mai abbastanza. (EC)

di Rosanna Brichetti Messori – Bussola Quotidiana 08-12-2012

Avevo promesso, sabato scorso, una spiegazione per il motto latino apposto a questa rubrica. Quel “De Maria nunquam satis”, (Di Maria non si dice mai abbastanza) che sulle prime rischia di fare aggrottare la fronte a qualcuno. Soprattutto a chi teme che nel cattolicesimo talvolta si esageri nell’occuparsi di Maria. Perplessità peraltro condivisibile, se il riferimento è ad un devozionismo, certamente in buona fede, ma talvolta sovrabbondante e un po’ dolciastro che indugia un po’ troppo sugli aspetti sentimentali del rapporto con “la mammina celeste”.

Motto, invece, pienamente giustificato, se allude ad un aspetto davvero interessante che riguarda Maria e cioè al fatto che l’approfondimento circa il suo ruolo nella storia della salvezza sembra davvero non esaurirsi mai. Lo dimostra in modo chiaro la storia dei quattro dogmi mariani dei quali, i primi due – la sua maternità divina e la sua perpetua verginità – risalgono ai primi secoli e sono contemporanei ai dogmi cristologici. Mentre gli altri due – la sua Immacolata Concezione e la sua gloriosa Assunzione – sono invece giun

ti a maturazione, il primo nel 1854 e il secondo nel 1950, al termine di una elaborazione che ha richiesto molti secoli. E che non è ancora finita perché, la discussione resta aperta su un altro ipotetico quinto dogma, quello di Maria corredentrice. Così Maria, con tutto ciò che la riguarda, resta forse l’esempio più emblematico delle parole pronunciate da Gesù nell’ultima cena: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera».

È dunque avvenuto che, mentre fin da subito è iniziata nei confronti di Maria la devozione dei fedeli, che con il loro sensus fidei hanno immediatamente intuito la potenza mediatrice della Madre, la riflessione teologica si è concentrata inizialmente su Gesù Cristo. Era infatti necessario, contro le eresie che andavano diffondendosi, precisare sempre meglio chi davvero egli fosse. Così, fu proprio per chiarire che nella persona di Gesù esistevano contemporaneamente nella loro pienezza sia la natura divina che quella umana ch

e quel “nato da donna” di San Paolo – unico accenno a Maria in tutte le lettere – venne ripreso e sviluppato fino a giungere al concilio di Efeso (431) alla proclamazione del dogma della Teotokos. Nel quale è l’umanità della madre a garantire quella autentica del Figlio, mentre è la divinità di Gesù a garantire la divina maternità di Maria. La perpetua verginità ne segue come corollario. Se Gesù era davvero Dio, il concepimento – ma anche il parto e il dopo parto – non potevano che essere avvenuti in forma straordinaria.

I primi dogmi mariani, dunque, si precisano all’ombra di quelli cristologici ed è da essi che prendono luce. Tuttavia, una volta stabiliti con chiarezza questi ultimi, la riflessione su Maria non si ferma affatto, anzi si concentra sempre più sulla persona stessa di Maria. Si intuisce, infatti che, proprio per essere stata chiamata ad essere la Madre di Gesù, non poteva che essere la tutta pura, cioè Immacolata fin dal suo concepimento. Così come non poteva non aver avuto anche un destino finale consono al suo ruolo cioè aver goduto della sorte già toccata al Figlio e Assunta in Cielo con il suo corpo glorioso.

Ma, in entrambi questi casi, avverrà una cosa assai significativa perché saranno anzitutto la devozione dei credenti, e poi la liturgia che ne introdurrà le feste, a rendere sempre più stabilmente onore a Maria Immacolata e Assunta e a creare così al proposito, una tradizione di fede solida e ovunque diffusa. Solo successivamente e un po’ faticosamente, la teologia seguirà e con essa la proclamazione dei dogmi.

Come abbiamo detto, però, non è ancora finita perché la riflessione attorno a quella donna, in cui Cielo e terra si sono incontrati, è più viva che mai. Del resto lei stessa lo aveva riconosciuto: «Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e santo è il suo nome». Per questo di lei molto si è detto e molto si continuerà ancora a dire; fino alla fine dei secoli.

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